Riforma degli ordinamenti didattici. Verso un nuovo fallimento

Nel dibattito sull”Affare Università’ del 6.5.03 nella Commissione Istruzione del Senato (www.senato.it/Commissioni/Comm07/home2.htm), sulla riforma della didattica sono intervenuti i senatori Franco dei DS, (nota 1), Valditara di AN, (nota 2) e Monticone della Margherita.
I primi due interventi confermano che si sta prospettando uno ‘scontro’ tra coloro che vogliono una modifica della riforma solo dopo avere valutato “attentamente e compiutamente l’esperienza in corso” del ‘3+2′ e quanti considerano invece “un importante passo avanti” il progetto ministeriale
del ‘1+2+2′.
Bisognerebbe invece smettere di dare numeri e, prendendo atto del fallimento della vigente riforma (nota 3), capire fino in fondo i motivi di questo disastro (peraltro da molti preannunciato) prima di progettare, con
l’indispensabile coinvolgimento del mondo universitario, una riforma che non risulti un nuovo fallimento.
L’attuale riforma è fallita soprattutto perché:
1. è stata imposta al Paese “senza la cooperazione delle università e dei docenti”, come dice la senatrice Franco riferendosi solo al nuovo progetto ministeriale. La riforma è stata sostanzialmente appoggiata dalla CRUI nella quale hanno prevalso i “rettori forti” che, esprimendo cultura e interessi accademici ‘aziendalistici’, si sono riferiti ad un inesistente sistema universitario europeo;
2. non è stata preceduta dalla indispensabile riforma della docenza, come la stessa Commissione Martinotti aveva indicato;
3. non si sono progettate e approvate contestualmente le lauree triennali e le lauree specialistiche;
4. si è applicata in maniera indifferenziata la stessa articolazione del percorso didattico a tutte le Facoltà;
5. non sono stati destinati adeguati finanziamenti per la sua realizzazione.

Per impedire altri disastri occorre bloccare il nuovo progetto accademico- ministeriale e avviare la consultazione formale e sostanziale di tutti gli Organismi universitari, compresi i Consigli di Facoltà e di Corso di studio, non fermandosi alle Conferenze dei presidi.
Bisogna anche tenere conto che la CRUI, somma dei rettori eletti (a volte ma dei rettori eletti (a volte
senza la piena partecipazione dei ricercatori e senza un adeguato coinvolgimento dei tecnici-amministrativi e degli studenti) per dirigere i
propri Atenei, non rappresenta il sistema nazionale delle Università, e che il CUN, per la sua composizione illegittima e per la sua condizione di organismo prorogato in attesa di ulteriore proroga, non è in grado di
interloquire validamente con il potere politico-accademico.
Solo l’impegno diretto e tempestivo di tutte le componenti universitarie può impedire che si continui a sconquassare le Università con una riforma della riforma ancora una volta inventata a tavolino, contro gli interessi degli studenti e delle loro famiglie e contro coloro che saranno obbligati ad applicarla.
Nell’Università dovrebbero prevalere la razionalità, il buon senso e la dignità. Perché subire supinamente le ‘bizzarrie’ di chi ha già abbondantemente massacrato l’Università italiana (la finta autonomia finanziaria, la finta autonomia statutaria, i finti concorsi, lo smantellamento del CUN, ecc.)?

12 maggio 2003

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Nota 1. Dall’intervento della senatrice Franco, DS: “Pur ammettendo che vi possano essere degli aspetti, anche rilevanti, da correggere nell’interesse degli studenti e delle certezze di sbocchi professionali, tuttavia costituirebbe un errore se si intervenisse dall’alto, senza la cooperazione delle università e dei docenti, e soprattutto senza avere avuto il tempo e la possibilità di valutare attentamente e compiutamente l’esperienza in corso.”

Nota 2. Dall’intervento del sen. Valditara, AN: “La proposta di differenziare fra un percorso metodologico e uno professionalizzante, magari dopo un primo anno comune, appare un importante passo avanti”.

Nota 3. Che la riforma del “3+2″ sia un fallimento è facile constatarlo ascoltando le opinioni di studenti e docenti dei vari Atenei. Che non sono state raggiunte “alcune delle finalità preventivate” e cioè “la riduzione del numero dei fuori corso e degli anni di durata reale degli studi” lo si legge anche nel documento con il quale i Senatori DS hanno richiesto ed ottenuto che l'”Affare Università” venisse assegnato alla Commissione Istruzione (v. documento ANDU “Prima De Maio-Moratti, poi la CRUI ed ora l”affare’ al Senato” in www.bur.it/sez_2a_2.htm martedì 18/03).

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