IL VALORE DELL’UNIVERSITA’

= 30 gennaio 2011

1. La “scoperta” del Governo

2. “Simbolismo” di Monti e sostanza

3. ‘Golpe’ pasticciato e linea ‘morbida’

4. Ora abolire il valore del voto e poi tutto il resto

5. ‘Fantasioso’ Ministro

6. Abolizione del valore del voto: “truffa antidemocratica”

7. Maggior valore alle lauree e all’Università statale

1. La “scoperta” del Governo

         Nel momento in cui stava decidendo sul valore delle lauree, il Governo ha “scoperto che è un tema molto più complicato di quello che possa sembrare” e ha deciso di “non affrontarlo in questo decreto legge”. Questa “scoperta” è stata comunicata da Mario Monti nel corso della Conferenza stampa, nella quale lo stesso Monti ha definito il tema del “valore delle lauree” un “problema molto annoso per l’Italia”, richiamando scritti di Luigi Einaudi del ’47 e del ’55. Certo, è quanto meno singolare che un “governo di professori” (universitari), dopo oltre 60 anni di dibattito su un “problema molto annoso”, si riduca a “scoprire” in extremis e in sede di Consiglio dei Ministri che si tratta di “un tema molto più complicato”.

        In realtà “a preoccupare e far desistere l’esecutivo è stata l’annunciata mobilitazione di studenti e docenti che da tempo hanno espresso la loro contrarietà” (Secolo XIX del 28.1.12).

        “Sul valore legale dei titoli di studio il consiglio dei ministri si è incagliato per due ore buone” e, durante la riunione, “c’è chi fa notare che gli studenti sono pronti a mobilitarsi e – dopo i forconi, i tir e i pescatori – sarebbe meglio evitare un’altra protesta di piazza” (Corriere della Sera del 28.1.12).

        Insomma, sarebbe la prudenza politica ad avere indotto il Governo a non essere, in questo caso, “decisionista” e ad aprire una “consultazione pubblica”. Consultazione che svolgerà il ministro Profumo, lo stesso che dopo due mesi non ha nemmeno risposto alla richiesta di incontro da parte della Organizzazioni universitarie (v. messaggio precedente al punto: 4. “Quel Profumo che piace a Bersani”).

       Comunque, la scelta ‘obbligata’ delle consultazione non è stata gradita/capita dall’impaziente bocconiano Francesco Giavazzi che, abituato a dettar legge (letteralmente), ritiene invece che “il governo deve prendere decisioni, non stare a sentire le gente” (dalla sua intervista sul ‘suo’ Corriere della Sera del 29.1.12).

2. “Simbolismo” di Monti e sostanza

        Lo stesso Presidente del Consiglio si è detto “favorevole a superare il simbolismo e il formalismo del valore legale”. E’ molto strano che per una questione meramente simbolica e formale si sia scatenata da alcuni giorni una campagna stampa simile a quella attivata per fare approvare la legge cosiddetta Gelmini, si sia impegnata buona parte della seduta del Consiglio dei Ministri e a ciò sia stata dedicata da Monti oltre la metà del suo intervento.

        La verità è che si parla di “valore legale della laurea” quando, in realtà, si vuole mettere in discussione il valore e l’esistenza stessa dell’Università statale.

        La Confindustria e l’accademia che conta (la CRUI in testa), serviti dalla ‘grande’ stampa e da tutti i partiti, vogliono smantellare l’Università statale e per questo operano da decenni: finta autonomia finanziaria e statutaria, svuotamento del CUN, finti concorsi locali, “3 + 2”, blocco dei concorsi e aumento a dismisura del precariato, continua riduzione dei finanziamenti, riduzione del diritto allo studio e aumento delle tasse agli studenti, proroga diffusa dei rettori e ora anche i rettori onnipotenti.

        Con l’abolizione del valore legale delle lauree si completerebbe, anche simbolicamente e formalmente, la distruzione dell’Università statale voluta da Confindustria.

3. ‘Golpe’ pasticciato e linea ‘morbida’

        Il pasticciato ‘golpe’ che si è tentato sul valore delle lauree – e sospeso in attesa di tempi migliori – puntava a modifiche apparentemente limitate. Infatti il ministro Profumo ha dichiarato: “ci sono due elementi di attenzione: uno relativo agli scorrimenti a seguito di acquisizione di un titolo, l’altro relativo al voto di laurea come requisito di accesso per i concorsi pubblici”. Insomma si persegue la linea, prediletta dalla CRUI, dell”affievolimento” del valore delle lauree o della “transizione morbida verso l’abolizione del valore legale del titolo di studio”; linea questa sostenuta da diversi rettori, tra i quali Guido Fabiani (intervista sul Corriere della Sera del 29.1.12), e dal PD (intervento di Marco Meloni su Europa del 25.1.12).

4. Ora abolire il valore del voto e poi tutto il resto

        L’obiettivo dichiarato (e perseguito) dalla Confindustria e dall’accademia ‘confindustriale’ è quello di ridurre a meno di 20 gli Atenei veri (didattica e ricerca), privati e statali, concentrando in essi i finanziamenti pubblici e quegli studenti le cui famiglie possono pagare tasse elevate, eliminando o emarginando tutti gli altri Atenei. La scelta degli Atenei “eccellenti” dovrebbe essere operata dall’ANVUR, alla quale si sta affidando il compito di commissariare il sistema nazionale degli Atenei e che sempre più sta assumendo il ruolo di Agenzia della Confindustria e dell’accademia che conta (la CRUI ha stipulato con Confindustria un Accordo”, un “asse” per “monitorare l’evoluzione della governance degli Atenei” e definire i “criteri per la valutazione della qualità di ricercatori e docenti da proporre all’ANVUR”).

        Che la differenziazione tra gli Atenei ‘guidata’ dai poteri forti sia lo sbocco ‘naturale’ degli interventi soft lo gridano gli ‘esperti’ che condividono i desideri confindustriali: il solito Francesco Giavazzi (“Non diamo più agli atenei lo stesso peso”), la Voce.info (“pesare in maniera diversa le lauree a seconda dell’università/facoltà di provenienza”, sulla base di “una graduatoria di atenei riconosciuta, ad esempio quella dell’Anvur”), il Sole 24-ore (“sarà il sistema stesso (attraverso l’ANVUR), dunque, a riconoscere valore diverso tra l’uno e l’altro corso, e tra l’uno e l’altro ateneo”). Insomma, avendo i soldi per frequentare gli Atenei che saranno ‘nominati’ eccellenti ci si comprerà l’annesso alto valore della laurea comunque conseguita.

5. ‘Fantasioso’ Ministro

        Il ‘fantasioso’ ministro Profumo pare voglia arrivare all’obiettivo di legare il valore della laurea a quello dell’Ateneo anche facendo valere la laurea triennale quanto quella magistrale. In questo modo “si potenzia il meccanismo dell’accreditamento: alla fine le lauree non avrebbero più lo stesso valore ma un peso diverso a seconda del giudizio dato per ogni singolo corso dall’Anvur” (Corriere della Sera del 28.1.12).

        Una graduatoria degli Atenei per stabilire il valore delle lauree, oltre ad essere “incostituzionale” e “insensata” perché “non si può stabilire l’eccellenza per legge” (Giliberto Capano), darebbe un potere ‘totale’ sugli Atenei all’ANVUR, che utilizzerebbe impropriamente l’accreditamento delle strutture, mentre dovrebbe invece limitarsi (e non è poco!) a stabilire il possesso dei requisiti minimi, senza formare gerarchie.

       Sono proprio questi requisiti minimi che lo Stato è tenuto a garantire per tutti gli Atenei statali con finanziamenti e norme nazionali adeguati (valore legale delle lauree).

6. Abolizione del valore del voto: “truffa antidemocratica”

        “Non tenere conto di una differenziazione di base (il voto di diploma o di laurea, da valutare adeguatamente assieme agli altri elementi specifici)” “avrà effetti disastrosi perché finirà col vanificare ogni criterio di merito, col potenziare le ingiustizie, col moltiplicare le discriminazioni sociali. E sono certo che a sposare il provvedimento saranno in primo luogo le scuole e le università private di ogni ordine e grado.” Questo è quanto scrive, tra l’altro, Salvatore Nicosia.

        E se si toglie valore al voto di laurea allora “perché impegnarsi? Perché cercare di fare un buon lavoro di tesi? ‘Tiriamo via’ e manteniamoci consumatori-senza-soldi, tanto si è solo ’consumatori di formazione’ (peggio ancora del vecchio ‘prodotto’-studente). Gli economisti non cambiano mai” (da una lettera inviata a Repubblica da Paola Mura dell’Università di Padova).

        Paola Mura si chiede anche se i professori al governo sono davvero professori e Salvatore Nicosia sottolinea che “è interesse precipuo dei soggetti socialmente deboli, e di ogni sincero sostenitore della democrazia, opporsi in tutti i modi a questo provvedimento che si configura come una vera e propria truffa antidemocratica.”

7. Maggior valore alle lauree e all’Università statale

         Altro che abolizione del valore delle lauree! Bisogna invece accrescere il valore delle lauree e dell’Università statale e per questo bisogna:

  1. realizzare un vero diritto allo studio: borse, alloggi, mense, aule, biblioteche, laboratori, ecc.;

  2. riqualificare la didattica rivedendo rapidamente e radicalmente il dannoso “3 + 2”;

  3. superare il precariato (non più di tre anni prima del ruolo), dando agli attuali precari lo sbocco in almeno 20.000 posti di ricercatori di ruolo su fondi statali;

  4. sostituire le inutili idoneità e i meccanismi di cooptazione locale-personale con concorsi nazionali e commissioni interamente sorteggiate;

  5. sbloccare gli avanzamenti di carriera all’interno di un ruolo unico della docenza;

  6. superare i ‘nuovi’ statuti, per sostituire gli organi delle oligarchie locali con organi di partecipazione democratica di tutte le componenti.;

  7. costituire un organo nazionale di rappresentanza e autogoverno del Sistema degli Atenei, eletto, direttamente e senza vincoli corporativi/categoriali, da tutte le componenti;

  8. investire nell’Università così rinnovata quanto, in proporzione, fanno i Paesi più avanzati.

4 comments for “IL VALORE DELL’UNIVERSITA’

  1. Goldin Daniela
    30 gennaio 2012 at 14:15

    Invece di battersi per il ruolo unico di docenza, credo valga la pena di insistere perché i ricercatori tornino ad essere veramente ricercatori, a tempo più o meno definito, e solo in seguito, ovviamente con altre gratifiche, si assumano l’onere traumatizzante (se fatto sul serio) di una responsabilità didattica piena.

  2. Patrizia Mentrasti
    30 gennaio 2012 at 14:27

    Cerchero’ di essere il piu’ sintetica possibile: si possono fare guai molto grossi con piccoli articoli di legge. L’abolizione del valore legale del titolo di studio e’ ricercata da non so quante persone per molti diversi motivi, ma puo’ causare un danno duraturo dal quale sara’ lungo il cammino di chi vorra’ porvi un rimedio.
    Se si restringe il campo dei propri concorrenti (questo e’ l’intento neanche tanto nascosto di chi vuole abolire il valore legale della laurea) sul momento si puo’ anche riuscire in un successo, ma poi quando non si avra’ piu’, ad esempio, il medico per il proprio specifico morbo, la stessa (e dico la stessa) persona si trovera’ in un grande danno.
    Non si puo’ pensare di riuscire a far lavorare sull’interesse generale un gruppo ristretto di persone, neanche promuovendone a proprio piacimento alcuni con la gratificazione di una ascesa di classe sociale. Tutti devono avere la possibilita’ di esplicare le proprie attitudini e questo si puo’ fare solo in una scuola libera e gratuita per tutti, il che significa che non deve essere il censo a stabilire chi dirige e quindi chi si laurea (qualunque cosa verrebbe a significare la laurea).
    Ma, soprattutto, non deve essere il genere a stabilire chi dirige, cioe’ non devono essere escluse le donne da nessun tipo di lavoro. L’abolizione del valore legale della laurea riuscirebbe a superare il problema che in questo momento in Italia si laureano e si diplomano piu’ donne. Quindi, se non si cambiano le leggi (come invece si vuole fare) prima o poi le donne arriverebbero ai vertici. Cio’ contro invece l’evidenza che tutti i lavori “femminili” sono meno pagati e meno garantiti.
    Si dica che e’ questo il vero motivo: basta a cosi’ tante donne medico, a donne magistrato, ecc. Tutte a fare le pulizie, massaggi e fisioterapia. O, meglio ancora, a casa a fare la calza, che non si trova piu’ una sarta!
    Vergogna!

    Patrizia Mentrasti
    professore associato di informatica teorica in pensione

    PS Questo e’ solo un insieme di spunti, ma presto (molto presto, purtroppo) voglio scrivere qualcosa di molto piu’ articolato e motivato. Grazie.

  3. Donatella Pini
    30 gennaio 2012 at 17:41

    Non abolire o svalutare ma valorizzare la laurea! Come? Eliminando la corruzione e controllando SERIAMENTE la qualità della docenza e della ricerca.
    Svalutare la laurea a favore di cosa? Di master carissimi da 60 ore in 3 giorni, tenuti da docenti non si sa come selezionati, guru e quant’altro?
    L’Italia patisce già tremendamente la svalutazione dell’esame di maturità(quello originario era un potente fattore di parificazione culturale dei cittadini). Svalutare definitivamente anche la laurea significherebbe distruggere non solo l’Università ma anche la cultura e la ricerca nazionale.
    Duole moltissimo constatare che sia un “governo di professori” ad avanzare queste proposte!

  4. Simone
    13 febbraio 2012 at 18:28

    Sono d’accordo con i vostri punti dall’1 all’8, ma anche con l’abolizione del valore legale della laurea. Non vedo perché lo Stato debba fare finta che un 109 in Ingegneria al Politecnico di Milano valga meno di un 110 in una facoltà molto più facile in un università che regala i voti, quando le aziende naturalmente non lo fanno. Se no si finisce che chi è bravo va nel privato, e per lo Stato lavorano prevalentemente i laureati in fuffologie. E la qualità del pubblico si abbassa a vantaggio del privato.
    E poi se c’è una cosa che appiattisce lo studente è proprio quella di considerare solo il voto di laurea nei concorsi, ignorando il curriculum accademico.

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