Numero chiuso – Nuova posizione del PD? – Il ruolo centrale di L. Berlinguer

FERMARE E RITIRARE IL DDL SUL NUMERO CHIUSO

LA NUOVA POSIZIONE DEL PD

IL RUOLO CENTRALE DI LUIGI BERLINGUER

1. DDL sul numero chiuso al Senato, una follia politica da fermare e ritirare

2. Nuova posizione del PD?

3. Il ruolo di Luigi Berlinguer e del suo “Gruppo di Pontignano”

1. DDL sul numero chiuso al Senato, una follia politica da fermare e ritirare

Il 26 novembre 2024 l’aula del Senato comincerà a discutere il Disegno di Legge sul numero chiuso a Medicina (Delega al Governo per la revisione delle modalità di accesso ai corsi in medicina e chirurgia).

Il testo che sarà discusso in Aula è stato approvato nella seduta del 16 ottobre 2024 dalla Commissione Cultura. Fino ad allora tutti i Gruppi che la compongono hanno condiviso che si applicasse per Medicina il numero chiuso alla francese: libero accesso e sbarramento (numero chiuso) dopo il primo semestre per proseguire nel corso di laurea in Medicina.

Il provvedimento prevede che nell’anno accademico 2025-2026 si possano iscrivere in 70-80 mila per poi proseguire a Medicina solo in circa 25.000, mentre a circa 45.000 lo si impedirà comunque.

Si tratterebbe di una FOLLIA politica che porterebbe ogni anno al massacro di migliaia di studenti; una follia che va assolutamente bloccata tramite il RITIRO di un provvedimento che si vorrebbe imporre contro tutti.

Nel recente documento Abolire precariato e numero chiuso – Incontro col PD si ripropone un’analisi dettaglia dei motivi per opporsi al DDL e si avanza una praticabile alternativa per arrivare al superamento del numero chiuso, adottando nel frattempo un modo di selezione semplice, giusto e non costoso per i giovani e le loro famiglie: il sorteggio tra tutti coloro che vorrebbero iscriversi a Medicina.

2. Nuova posizione del PD?

Fino al 16 ottobre 2024

Il 30 gennaio 2024 i Senatori del PD avevano presentato il Disegno di legge n. 1002 riguardante il numero chiuso a Medicina.

Il DDL del PD prevedeva una delega al Governo per aprire le iscrizioni al primo anno di Medicina a tutti gli studenti interessati, prevedendo «che possano ac­cedere al secondo anno di corso gli studenti in regola con il conseguimento dei crediti formativi previsti per il primo anno e che abbiano riportato la media più alta, fino ad esaurimento dei posti disponibili» (art.1, comma 2, lettera c, punto 1). Dodici mesi invece di sei di inutile perdita di tempo, fatica e denaro per circa l’80% degli studenti ai quali si impedirebbe comunque di proseguire a Medicina.

 Lo stesso DDL del PD prevedeva la «organizzazione, nell’ultimo anno di scuola secondaria di secondo grado, di corsi di orientamento per i corsi universitari di cui al comma 1, i quali prevedano anche un tirocinio presso un ospedale o una struttura del Servizio sanitario nazionale» (art.1, comma 2, lettera f). Un tirocinio ‘sanitario’ (?) mentre invece si dovrebbe studiare per la maturità!

Successivamente i Senatori del PD avevano presentato nella Commissione Cultura emendamenti al Testo base elaborato dal Comitato ristretto di cui anche loro facevano parte. In particolare, con l’emendamento 2.10 volevano riproposto di portare da sei mesi a un anno il percorso di selezione. Inoltre i Senatori dello stesso PD con l’emendamento 2.14, per applicare ‘meglio‘ il numero chiuso, volevano aggiungere, dopo un anno di selezione, il «superamento di un test nazionale

Insomma le proposte dei Senatori del PD erano perfino peggiorative del pessimo DDL approvato il 16 ottobre 2024 dalla Commissione con il loro voto contrario.  V. anche Numero chiuso del PD: il peggio del peggio.

Dal 16 ottobre 2024

Il PD sembra ora avere cambiato nettamente e positivamente le proprie posizioni sul numero chiuso.

Infatti Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria del PD, e Alfredo D’Attorre, responsabile Università nella segreteria del PD, il 16 ottobre 2024 hanno scritto che «la maggioranza dà il via libera in Commissione al Senato a una finta abolizione del numero chiuso per l’accesso a Medicina», E poi: «Il numero chiuso resta, ma peggiorato, abbassando drasticamente la qualità della didattica nel primo semestre e facendo perdere un anno accademico alle migliaia di studenti che non potranno comunque iscriversi a Medicina dopo il primo semestre». Un giudizio che sembra un ripensamento rispetto a quanto contenuto negli emendamenti e nel DDL che avevano presentato i Senatori del PD.

Purtroppo fino al 16 ottobre scorso i Senatori del PD non avevano tenuto conto delle dettagliate e documentate critiche al modello simil-francese espresse da anni dall’ANDU e riproposte anche nel corso delle Audizioni nella Commissione Cultura dalla stessa ANDU, dalle Organizzazioni degli studenti e, di fatto, anche dall’Addetta per la ricerca e l’insegnamento dell’Ambasciata di Francia in Italia. In particolare, i Rappresentanti degli studenti avevano anche dimostrato l’impraticabilità del modello simil-francese. Un modello di selezione criticato anche dalle Organizzazioni professionali e non condiviso nemmeno dalla CRUI. Si veda il documento del febbraio 2024 Numero chiuso. Chi deciderà veramente?

Le critiche al modello simil-francese erano state espresse dall’ANDU anche il 19 ottobre 2023 nell’Assemblea Nazionale Università indetta dalla FLC-CGIL. All’Assemblea ha partecipato anche Alfredo D’Attorre. L’intervento dell’ANDU si può vedere dal minuto 1:31:05 del video dell’Assemblea.

Va certamente apprezzata quella che sembra essere la nuova posizione del PD che dovrebbe ora tradursi nella richiesta di ritiro del provvedimento che sarà discusso a breve nell’Aula del Senato.

Si spera che tutti i Gruppi parlamentari vogliano azzerare un provvedimento pasticciato che danneggerebbe pesantemente migliaia di giovani, l’Università e il Servizio Sanitario Nazionale.

Ci si augura anche che ora il PD e gli altri Partiti prendano finalmente in considerazione la dettagliata proposta avanzata da oltre quattro anni dall’ANDU per superare il numero chiuso a medicina e per rilanciare il Sistema Sanitario Nazionale. V.  ANDU-GIMBE.

3. Il ruolo di Luigi Berlinguer e del suo “Gruppo di Pontignano”

Si segnala l’interessante intervento di Luca Scacchi sulla rivista Articolo 33 n. 9 del settembre 2024. Si riporta qui la parte relativa al ruolo centrale di Luigi Berlinguer nel processo di trasformazione dell’Università negli ultimi decenni:

«Proprio Berlinguer darà vita in quegli anni a una serie di convegni nella Certosa di Pontignano (Siena), in cui viene tessuta un advocacy coalition di rettori e docenti, una minoranza attiva che si propone di sfruttare le opportunità della riforma Ruberti per modernizzare l’università. In quei convegni si delinea, cioè, la necessità di ulteriori interventi, con una flessibilizzazione strutturale dei curricula, una maggior autonomia nella gestione del personale docente, l’assunzione di una logica imprenditoriale, accettando il principio della competitività e introducendo una valutazione delle performance.»

Sul ruolo di Berlinguer e del suo Gruppo invitiamo anche a leggere quanto scritto da Massimiliano Vaira in La costruzione della riforma universitaria e dell’autonomia universitaria e, in particolare, il paragrafo 2.5 (a pag. 73) Una minoranza attiva. Luigi Berlinguer e il Gruppo di Pontignano.

L’Autore descrive e commenta – positivamente – il ruolo centrale di Luigi Berlinguer («imprenditore istituzionale») e del suo Gruppo nel processo che ha investito l’Università italiana dal 1989 in poi.

Per approfondire la conoscenza delle convinzioni e dell’opera di Luigi Berlinguer può essere utile leggere anche L’Università italiana tra passato e futuro – Una conversazione tra Luigi Berlinguer e Fabio Matarazzo, Edizioni Conoscenze, 2022. Fabio Matarazzo, come lo è stato Luigi Berlinguer, è uno dei massimi conoscitori dell’Università italiana.

Il ruolo di Luigi Berlinguer è stato documentato negli ultimi decenni nel sito dell’ANDU dove è riportato, passo dopo passo, quanto è successo sull’Università italiana dal 1984 a oggi.

Va ricordato che il ‘Gruppo Berlinguer’, nel suo intento di riformare/smontare il Sistema nazionale universitario statale, ha ‘prodotto’, tra l’altro, il localismo dei finti concorsi, lo svuotamento del CUN a favore della CRUI, la reintroduzione del precariato ‘abolito’ dalla 382/80, l’introduzione/imposizione del 3+2, la creazione dell’ANVUR e delle ASN. Lo stesso Gruppo ha avuto un ruolo centrale nell’elaborazione e nella gestione della cosiddetta Legge Gelmini; ruolo che ora giocherà nella revisione di questa legge.

Lo stesso Gruppo ha svolto un ruolo trainante nella TreeLLLe, un ‘agglomerato’ trasversale accademico-confindustriale che ha esplicitamente dichiarato «di svolgere anche attività di lobby trasparente al fine di diffondere dati e informazioni, promuovere le tesi presso i decisori pubblici a livello nazionale e regionale, i parlamentari, le forze politiche e sociali, le istituzioni educative affinché le proposte di TreeLLLe influenzino le azioni di governo e si trasformino in sperimentazioni concrete.» La composizione degli Organi della TreeLLLe era perfettamente trasversale (Berlinguer faceva parte del «Comitato Operativo»). Particolarmente interessante è il Quaderno 13 Per una università più europea del maggio 2006 nel quale la TreeLLLe prescrive cosa fare, e sostanzialmente si è fatto, dell’Università italiana.

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Alberto Giovanni Biuso
Alberto Giovanni Biuso
13 giorni fa

A proposito del «ruolo centrale di Luigi Berlinguer», del suo Gruppo e della Associazione TreeLLLe (Confindustria), mi permetto di richiamare un mio testo del 1999, dal titolo Educazione e antropologia, pubblicato sul numero 2 della rivista Punti critici, diretta dal matematico e storico della scienza Lucio Russo.
Cliccare https://drive.google.com/file/d/1iUPTSSuLw0uWaUJrIzO9gx1bufYJZ2Vy/view?pli=1

Le analisi tentate allora hanno (ahimè) ricevuto conferma nei 25 anni che ci separano da questo saggio e che trovarono piena attuazione nella legge quadro del 10 febbraio 2000, n. 30. Legge dalla quale si sono originate le successive riforme, compresa la Gelmini del 2010.
Scrivevo, tra le altre cose, che «livellando le menti verso il basso, il facile, il ludico, la scuola di Berlinguer si illude forse di rinviare l’eccellenza ai dottorati e ai corsi post-universitari, creando in questo modo una casta di scribi, di nuovi mandarini capaci di decidere, progettare, sapere mentre sotto di loro una massa di incolti – ma tutti rigorosamente forniti di diploma o perfino di laurea – si diverte con i videogiochi, qualunque sia il loro travestimento. Si tratta di un’illusione poiché l’eccellenza non nasce mai dal nulla ma da una media tenuta quanto più alta possibile. Il modello scolastico statunitense, classista ed elitario, mostra da tempo il suo fallimento ma i pedagogisti “democratici” e i loro ministri sembrano ignorarlo».

Quanto ho raccontato più di recente sulla rivista Girodivite costituisce la conferma di tale analisi:
-Lauree (8.12.2022) cliccare: https://www.girodivite.it/Lauree.html
-Titoli di laurea e dottorato di ricerca (22.12.2023) cliccare https://www.girodivite.it/Titoli-di-laurea-e-dottorato-di.html

Alessandro
Alessandro
14 giorni fa

Del PD non ci si può né ci si deve fidare.

Il numero chiuso in una società dove domina il modo di produzione capitalistico e quindi è permessa la concorrenza tra imprese e la libera professione rappresenta una contraddizione in termini.

Paola Gennaro
Paola Gennaro
14 giorni fa

Premetto che ritengo l’attuale sistema di selezione insostenibile (tra l’altro anche classista perché chi fa ricorso poi entra), e premetto che anche il numero di accessi programmati a 25.000 mi sembra più una petizione di principio fondata sui desiderata degli atenei che su fabbisogni che ormai più che nazionali dovrebbero essere globali, quindi impossibile da determinare oggi per il 2036.
A me sembra che l’operazione povrebbe essere la costituzione di un biennio comune alle professioni sanitarie, ad accesso libero con requisiti minimi. Stabilendo fin dall’inizio che passeranno al triennio i primi tot classificati in base ai voti conseguiti negli esami. Gli altri non perderebbero nulla perché potrebbero proseguire negli altri corsi di studio dell’area medica.
Così gli studenti devono capire bene se la professione medica fa per loro, perché se preferiranno altre discipline estranee all’area medica, allora sì perderebbero due anni. In compenso avrebbero una stabilità di vita di due anni e un ritmo di studio compatibile,
È chiaro che questo comportebbe scardinare il monopolio dei poteri su medicina dentro e fuori dall’università e aprire la cittadella, almeno calando ponti levatoi verso discipline ormai potentemente in ascesa.
Sul piatto ci sono le risorse di 50.000 matricole in più. Che però a queste condizioni potrebbero essere molti di meno.
Siamo pronti?