UNIVERSITA’. AUTONOMIA O CRUI. Il CUN

  1. TreeLLLe e CRUI: la CRUI e non il CUN
  2. Un gruppo di potenti professori: la CRUI e non il CUN
  3. Tanti i tentativi di ‘valorizzare’ la CRUI
  4. Intesa e Accordo CRUI-Confindustria
  5. “La CRUI che non serve all’Università”
  6. La CRUI di governo e nel governo. Normale anomalia
  7. Lo svuotamento del CUN
  8. L’indispensabile Organo nazionale dell’Autonomia dell’Università statale

     L’obiettivo principale di chi ha operato e opera da decenni per smantellare il Sistema nazionale universitario statale è stato quello di impedire la costituzione di un Organismo nazionale di rappresentanza democratica della comunità universitaria (docenti, personale tecnico-amministrativo, studenti).

     Un Organismo che, per compiti e composizione, fosse stato in grado di difendere l’autonomia universitaria dai poteri forti interni ed esterni che stanno soffocando la libertà di insegnamento e di ricerca attraverso l’ANVUR e ora anche lANR e Invitalia.

     Lo smantellamento del Sistema nazionale universitario doveva inoltre comprendere l’abolizione dello stato giuridico nazionale, in gran parte già avvenuto, differenziato e frantumato nei singoli atenei che decidono separatamente le modalità e i vincitori dei concorsi, le mansioni e una parte della retribuzione (nota 1).

 1. TreeLLLe e CRUI: la CRUI e non il CUN

     Già il 17 giugno 2004 la CRUI nel suo documento “Sulla governance: principi fondamentali e linee-guida”, approvato ‘naturalmente’ all’unanimità, scriveva: “Ferme restando le competenze del CUN, alla CRUI spetta il ruolo di rappresentanza istituzionale e coordinamento del sistema nonché di garanzia e tutela dell’autonomia universitaria. La CRUI è interlocutore primario del Ministro nella individuazione delle scelte strategiche, nonché dei criteri per la valutazione delle performances del sistema, oltre che delle eventuali proposte di nuove normative che riguardano la vita degli Atenei.”

     È stata poi la confindustriale e trasversale “lobby trasparente” TreeLLLe (‘partecipata’ da professori e giornalisti di ‘destra’ e di ‘sinistra’) – a richiedere di “assumere la Conferenza dei Rettori (Crui) quale referente per la consultazione, il confronto e la verifica del consenso sulle più rilevanti scelte di governo del sistema: ciò in quanto la Crui è espressione dei responsabili della gestione degli atenei e struttura istituzionalmente autonoma e indipendente rispetto al Ministero.” (in “Controriforma del CUN senza opposizione?”, gennaio 2005).

 2. Un gruppo di potenti professori: la CRUI e non il CUN

     È stato un gruppo di potenti professori a dare un ruolo centrale alla CRUI e a svuotare di qualsiasi sostanziale ruolo il CUN (nota 2).

     Questo gruppo ha guidato questa operazione controllando anche direttamente il Ministero e ‘orientando’ tutti i gruppi parlamentari (nota 3), con in testa il PD e le sue ‘versioni’ precedenti (nota 4).

3.Tanti i tentativi di ‘valorizzare’ la CRUI

     L’operazione per rendere centrale la CRUI e svuotare il CUN ha visto numerosi tentativi prima di concludersi con la costituzione dell’attuale CUN.

     Ecco alcune tappe dell’operazione ‘La CRUI e non il CUN’ .

= Nel febbraio 1994 l’ANDU ha denunciato “Un insieme di illegalità a vantaggio della lobby di potenti professori ordinari, che da sempre gestisce privatisticamente le risorse pubbliche per l’università e che sta riuscendo, con successivi colpi di mano legislativi, a togliere anche formalmente al CUN il ruolo di rappresentante dell’università italiana, trasferendolo alla ‘sua’ Conferenza dei rettori.” (v. “La lobby di potenti ordinari preferisce ad un nuovo CUN la ‘sua’ Conferenza dei rettori” in “Università Democratica” febbraio 1994, n 110, pag. 1).

= Nel maggio 1994, rispetto a una norma inserita nella Finanziaria, l’ANDU ha denunciato che “alla riduzione del ruolo del CUN, a cui è stato tolto anche il compito di coordinare gli atenei, si accompagna il rafforzamento del ruolo della Conferenza dei rettori, uno dei principali strumenti di azione della lobby accademica.” (v. “Riconquistare l’istruzione pubblica” in “Università Democratica” aprile 1994, n. 112, pag. 1).

= Nel giugno 1994 ANDU, CISL-Università, CNU, SNU-CGIL, UIL-Università e USPUR scrivevano: “Viene, pertanto, unanimemente respinta l’idea che si possa realizzare l’autonomia universitaria come somma delle autonomie dei singoli Atenei e si ribadisce, al contrario, l’esigenza di realizzare un sistema universitario nazionale indipendente ed autogovernato, nell’ambito del quale si armonizzino le autonomie delle singole sedi.” (in “Università Democratica” giugno 1994, n. 114, pag.4).

 4. Intesa e Accordo CRUI-Confindustria   

         Il 6 giugno 2001 la CRUI e la Confindustria hanno sottoscritto un “Protocollo d’intesa tra CRUI e Confindustria”, “rinnovando e aggiornando il Protocollo d’intesa siglato nel luglio 1993”.

     Nel novembre 2011 Marco Mancini, per la CRUI, e Gianfelice Rocca, per la Confindustria, hanno sottoscritto l’“Accordo Confindustria-Crui costituendo un “asse” per, tra l’altro, “monitorare l’evoluzione della governance degli Atenei”, “favorendo” “la dialettica tra membri interni ed esterni”. L’Accordo prevede anche la “definizione di criteri per la valutazione della qualità di ricercatori e docenti da proporre all’ANVUR”.

     Luigi Berlinguer ha definito questo “patto tra rettori e imprenditori” “un faro” e “un solido contributo alla soluzione dei problemi” (v. “Se la ricerca incontra l’impresa”, sull’Unità del 9.11.11).

         Accordi con una Confindustria le cui posizioni sull’Università italiana sono sempre state espresse con estrema chiarezza e nettezza come, per esempio, in una Conferenza stampa del marzo 2006, di cui ha dato notizia il Corriere della Sera che ha allora scritto “Eppure, secondo gli imprenditori, nel nostro Paese almeno quindici atenei hanno le potenzialità per scalare rapidamente le classifiche. “Il Politecnico di Milano – spiega ancora Rocca (allora vicepresidente della Confindustria, ndr) – deve essere messo in condizione di competere con i migliori atenei europei. Non ha molto senso che segua le stesse regole di un ateneo che non può competere a livello internazionale”» (“Concorrenza tra atenei, più soldi ai migliori”, sul Corriere della Sera del 23.03.06).

 5.“La CRUI che non serve all’Università”

     È questo il titolo di un commento dell’ANDU di non molto tempo dopo l’entrata in vigore della cosiddetta Legge Gelmini, fortemente sostenuta dai vertici della CRUI. Ecco alcuni passaggi di quel documento:

     «La CRUI ha preteso e pretende di rappresentare il sistema degli Atenei italiani pur essendo strutturalmente incapace di farlo. Infatti ogni Rettore è eletto per governare il proprio Ateneo, spinto alla competizione con le altre Università e in rapporto con il proprio territorio; ed è quindi portatore di interessi particolari e non può rappresentare e curare gli interessi generali delle Università italiane.

      E infatti, quando sono stati coinvolti interessi concreti, la CRUI si è frantumata in tante ‘CRUI’: quella degli Atenei (auto) eccellenti, quella degli Atenei privati, quella degli Atenei a statuto speciale, quella degli Atenei del Sud, quella lombarda, etc.».

     «Nonostante tutto questo, la CRUI ha voluto/dovuto svolgere un ruolo politico, così come  ‘auspicato’ dalla confindustriale “lobby trasparente” TreeLLLe, che fin dal 2003 ha chiesto di « assumere la Conferenza dei rettori (Crui) quale referente per la consultazione, il confronto e la verifica del consenso sulle più rilevanti scelte di governo del sistema.

      E la CRUI è stata al fianco della Confindustria nel sostegno al DDL sull’Università; una ‘militanza’ costantemente enfatizzata dalla ‘grande’ stampa, che ha continuato a farlo anche quando era già noto che la Presidenza della CRUI non aveva più il consenso della maggioranza dei Rettori e nonostante fosse più che evidente che essa si contrapponeva alla stragrande maggioranza del mondo universitario mobilitata CONTRO l’approvazione del DDL.».

      «Se i Rettori volessero svolgere un ruolo positivo a livello nazionale dovrebbero costituirsi in un Collegio per confrontarsi sulla gestione degli Atenei ed elaborare proposte per migliorarne il funzionamento, smettendo finalmente di pretendere di rappresentare con la CRUI il Sistema universitario, quando in realtà essa ha rappresentato e difeso gli interessi di coloro che, all’interno e all’esterno, operano da decenni per demolire l’Università statale.» (da “L’assalto finale all’Università statale”, aprile 2011).

6. La CRUI di governo e nel governo. Normale anomalia

         La CRUI, che pretende di rappresentare e tutelare l’autonomia universitaria, ha sempre proposto o sostenuto o non ostacolato i provvedimenti man mano decisi per demolire il Sistema nazionale universitario statale (nota 5).

         Inoltre diversi suoi esponenti hanno ricoperto importanti cariche nei ministeri competenti per l’Università e la Ricerca: ministro, sottosegretario, direttore Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca, capo segreteria tecnica.

 7. Lo svuotamento del CUN

         Il CUN, imposto con la Legge del gennaio 2006, per compiti e composizione è lontanissimo da quell’Organo nazionale di coordinamento e autogoverno del Sistema universitario necessario per tutelare la libertà di ricerca e di insegnamento garantita dalla Costituzione.

     Si è voluto invece un organismo marginale con funzione di mera consulenza, con una presenza dei docenti frastagliata in troppe e squilibrate aree scientifico-disciplinari e separata per categorie, con gli studenti non eletti da tutti gli studenti, con un rinnovamento “a rate” per rendere ancora meno possibile un confronto pubblico e collettivo sui i temi generali dell’università.

8. L’indispensabile Organo nazionale dell’Autonomia dell’Università statale

      Nel giugno 1994 ANDU, CISL-Università, CNU, SNU-CGIL, UIL-Università e USPUR scrivevano: “Viene, pertanto, unanimemente respinta l’idea che si possa realizzare l’autonomia universitaria come somma delle autonomie dei singoli Atenei e si ribadisce, al contrario, l’esigenza di realizzare un sistema universitario nazionale indipendente ed autogovernato, nell’ambito del quale si armonizzino le autonomie delle singole sedi.” (in Università Democratica” giugno 1994, n. 114, pag.4).

     Nel settembre 1994 Andu, Anru, Cgil-Università, Cisl-Università, Firu, Uil-Università e Ricerca hanno sottoscritto una proposta di riforma del CUN in alternativa a quanto previsto nel decreto-legge di “riforma” del Cun (G.U. 9.9.94). Schematicamente, si chiedeva: organo di autogoverno con poteri di iniziativa; presidente interno; 30 docenti (ordinari, associati, ricercatori), divisi proporzionalmente in non più di 6 grandi aree scientifico-disciplinari, con elettorato passivo e attivo comune e con l’impossibilità che, tra gli eletti, gli appartenenti ad una stessa categoria siano più della metà, 8 studenti eletti direttamente (posizione dell’ANDU) o dai loro rappresentanti negli atenei (posizione delle altre organizzazioni), 8 tecnico-amministrativi eletti direttamente, il presidente della Conferenza dei rettori; riunioni con la Conferenza dei rettori solo su problemi di gestione degli atenei; regolamento interno deciso dal CUN; la corte di disciplina che si riunisce con il presidente e con i soli appartenenti alla stessa fascia di appartenenza di colui nei confronti del quale si procede (nota 6); parere conforme del CUN sugli ordinamenti didattici.

         Quanto previsto in quella Proposta unitaria è ancora oggi sostanzialmente valido per l’introduzione di un nuovo Organo nazionale, INDISPENSABILE per rifondare un Sistema nazionale universitario statale, in alternativa al ruolo anti-autonomistico della CRUI.

         Il testo completo della Proposta unitaria si trova in “Università Democratica” novembre 1994, n. 119, pag. 3.

Nota 1. Recentemente la Link Campus University è arrivata a bandire 20 posti di associato obbligatoriamente a tempo definito, con periodo di prova e con possibilità di licenziamento (v. la denuncia del Segretario della FLC-CGIL).

Nota 2. V., tra l’altro, “Luigi Berlinguer spiega la follia del governo” in “Università Democratica”, luglio 1994, n. 115, pag. 4.

Nota 3. Nella risoluzione approvata nell’ottobre 2004 all’UNANIMITÀ dalla Commissione Istruzione del Senato sull'”Affare assegnato” in materia universitaria c’era scritto: “al Consiglio universitario nazionale (CUN) … tocca la rappresentanza dei settori scientifico-disciplinari e la loro organizzazione attraverso una composizione elettiva espressiva esclusivamente della comunità scientifica del Paese”, mentre alla “Conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI) … tocca la materia riguardante la gestione (sic!) del sistema e la garanzia della sua autonomia” (v. “CUN senza opposizione”, maggio 2005).

 Nota 4.

a. Nella Conferenza nazionale dei DS tenutasi nel dicembre 2005 si è ipotizza la cancellazione anche formale del CUN, individuando in ogni caso nella Conferenza dei Rettori “il luogo naturale dove gli interessi degli atenei autonomi vengono rappresentati rispetto al Governo, al Ministero, all’opinione pubblica” (in “Autogoverno o poteri forti”, dicembre 2005).

b. Dall’intervento L’effetto delle cattive ricette che destra e sinistra hanno scaricato sugli atenei” di Alberto Burgio e Alberto Lucarelli sul Manifesto dell’8.2.13: “La disastrosa situazione dell’Università italiana non è “un risultato imprevisto. È precisamente quel che si è voluto in primo luogo dal Pd di oggi e dai Ds ieri.

     L’idea di mettere gli atenei in concorrenza tra loro; l’idea di misurare il ‘merito’ con criteri economici, legati alla redditività; l’idea di colpire la docenza e di alzare le tasse studentesche dentro la cornice di politiche di austerità  asservite alla restaurazione neoliberale; l’idea di aziendalizzare gli atenei per garantirne l’efficienza amministrativa; l’idea di selezionare la ‘clientela’ delle università concependo la formazione come una ‘opportunità” e non come un diritto (si pensi alla vergogna dei cosiddetti ‘prestiti d’onore’) – tutto questo sta scritto a chiare lettere nei programmi del maggior partito del centrosinistra, non di rado scritti a quattro mani con gli ‘esperti’ confindustriali. Una storia lunga almeno vent’anni, da quando a guidare la politica universitaria c’erano i non rimpianti ministri Berlinguer e Zecchino.” “Lo scempio” dell’Università “è in larga misura conseguenza di una stagione ‘riformistica’ nella quale si sono voluti sistematicamente premiare le logiche del mercato e gli interessi del privato.”

Nota 5. Le principali tappe della demolizione dell’Università italiana:

    Finta autonomia statutaria (1989) per salvaguardare le oligarchie degli atenei, finta autonomia finanziaria (1993) per far gestire agli Atenei la riduzione progressiva dei finanziamenti, finti concorsi locali (1997) e ASN (2010) per dare ulteriore spazio alla cooptazione-arbitrio personale, introduzione del numero chiuso (1999) per negare ai giovani la scelta degli studi, imposizione del “3 + 2″ (2000) con la frammentazione dei saperi, invenzione dell’IIT (2003) costosissimo “giocattolo” ministeriale-confindustriale a discapito dell’Università, istituzione “personalizzata” del SUM di Firenze e dell’IMT di Lucca (2005), svuotamento del CUN (2006) a favore della CRUI, introduzione dell’ANVUR (2006) per commissariare l’Università, messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori (2010) per moltiplicare i precari, cancellazione di ogni parvenza di democrazia negli atenei (2010) con il rettore-padrone assoluto, localizzazione dei collegi di disciplina (2010) per tenere meglio a bada i docenti, istituzione dell’Human Technopole (2016) che è una sorta di duplicazione milanese dell’IIT di Genova, invenzione della costosa Scuola superiore napoletana (2018) – v. “Il Caso della Normale è normale?”, l’istituzione dell’ANR (2019) per controllare ancora di più l’Università e la Ricerca. E anche: Cattedre Natta, scatti premiali ai docenti, borse per studenti eccellenti, aumento delle tasse, finanziamenti per alcuni docenti, finanziamenti per dipartimenti eccellenti, riduzione dei finanziamenti agli Atenei e loro iniqua distribuzione per “merito”, ecc.

Nota 6.

a. In particolare bisogna riportare a livello nazionale l’azione disciplinare riguardante i docenti per eliminare l’attuale Collegio di disciplina di Ateneo, definito uno “strumento efficace di governance” da Marco Mancini, prima Segretario della CRUI che ha sostenuto la “Legge Gelmini”, poi Presidente della CRUI e quindi Capo del Dipartimento del MIUR (vedi in “Atenei caserme?”).

b. “Altra variazione importante da valutare è il trasferimento dell’iniziativa disciplinare dal solo Rettore ad una apposita Commissione, che dovrebbe adire il CUN nel caso una fase istruttoria interna dovesse confermare la necessità di un giudizio”        Questo è quanto, tra l’altro, si ipotizza nella “Nota sull’assetto delle procedure disciplinari relative ai docenti universitari” elaborata da ADI,  ADU, ANDU, CIPUR, CISL-Università, CNRU, CNU, COBAS-Pubblico Impiego, CoNPAss, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN, UDU, UGL-INTESA FP, UIL RUA, USB-Pubblico Impiego e presentata nell’incontro con il CUN il 23 aprile 2013.

c. Pare che, nel rendere locale l’azione disciplinare (“strumento efficace di governance”) per concentrare nei singoli rettori un immenso potere, con la riforma del procedimento disciplinare dei docenti universitari si sia “inserita nel sistema una vera e propria ipotesi di ‘immunità nascosta’ riferita alla posizione dei rettori delle università.” (v. l’intervento di Luigi Viola “L’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti dei Rettori dopo il nuovo atto di indirizzo del M.I.U.R. in materia di anticorruzione e trasparenza”).

     E ancora: “In ordine alla criticità riferita all’inversa questione della soggezione/sottoposizione disciplinare del Rettore per illeciti etico/deontologico/comportamentali a lui ascritti, si è in presenza di una vera e propria “immunità/irresponsabilità”, della più alta carica accademica, poiché la legge 240/2010 (colpevolmente) nulla dice sulla competenza da esercitare per l’azione disciplinare, per l’istruttoria e per il relativo verdetto.” (v. l’intervento di Cesare Amiconi “Lo stato giuridico del rettore”).

  • La storia della devastazione dell’Università può essere approfondita in questo utilizzando la “ricerca avanzata”, in alto a sinistra.
  • Con la recente aggiunta nel sito dell’ANDU di tutte le Agenzie mensili di “Università Democratica” (dal settembre 1984 all’ottobre 1999) è ora più ampiamente documentata sia l’opera di demolizione dell’Università condotta da oltre 40 anni, sia l’opposizione portata avanti da oltre 40 anni prima dal movimento dei precari, poi da quello dei ricercatori e quindi dall’ANDU.

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