Incontro con Ministro – Ricercatori B – Capano – Puglisi

= 4 luglio 2013

 

  1. RESOCONTO DELL’INCONTRO DELLE ORGANIZZAZIONI UNIVERSITARIE CON IL MINISTRO

  2. BANDO NAZIONALE RICERCATORI B. SI PUO’ CAMBIARE SOLO IN PEGGIO?

  3. CAPANO E IL MONITORAGGIO DELLA “GELMINI”

  4. UNIVERSITA’, KANT E PUGLISI

 

1. RESOCONTO DELL’INCONTRO DELLE ORGANIZZAZIONI UNIVERSITARIE CON IL MINISTRO

Il 27 giugno 2013 il ministro Maria Chiara Carrozza ha incontrato una delegazione  di ADI, ADU, ANDU, CIPUR, CISL-Università, CNRU, CNU, COBAS-Pubblico Impiego,  CoNPAss, COSAU, CSA-CISAL Università, FLC-CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, SUN, UDU, UGL-INTESA FP, UIL-RUA. Per leggere il resoconto dell’incontro e il messaggio inviato dopo al Ministro cliccare qui.

 

2. BANDO NAZIONALE RICERCATORI B. SI PUO’ CAMBIARE SOLO IN PEGGIO?

Nell’incontro del 27 giugno scorso il Ministro ha espresso diverse posizioni condivisibili, ma ne ha confermate altre ancora ‘coerenti’ con il progetto di smantellamento del Sistema nazionale delle Università statali.

Preoccupante, in particolare, è stata la riconferma dell’intenzione di un bando straordinario di ricercatori di tipo b (peraltro con un numero di posti assolutamente insufficiente), prevedendo che “i vincitori del bando scelgono l’università presso la quale essere assunti con contestuale assegnazione all’ateneo delle relative risorse” (dall’intervento programmatico del Ministro in Parlamento, a pag. 27). La scelta avverrebbe tra TUTTI gli Atenei.

Il Ministro, di fatto, dà – giustamente – un giudizio negativo sui meccanismi di scelta locale, tanto che per migliorare la qualità del reclutamento prevede bandi e concorsi nazionali. E’ da decenni che l’ANDU sostiene che per superare il localismo e il nepotismo bisogna sostituire  le scelte locali con concorsi nazionali per il reclutamento e con le idoneità nazionali (senza un’ulteriore chiamata o concorso) per le promozioni (v. Proposta ANDU).

Gli aspetti che però rendono il progetto del Ministro un devastante attacco al Sistema nazionale universitario sono due.

Il primo aspetto è la scelta dei vincitori di prendere servizio in qualsiasi Ateneo. Le conseguenze di questa scelta sarebbero molto gravi. Infatti, dando ai vincitori dei concorsi banditi nazionalmente la possibilità di scegliere “l’università presso la quale essere assunti con contestuale assegnazione all’ateneo delle relative risorse”, si ‘orienterebbero’ i vincitori verso gli Atenei già più forti, rafforzandoli ulteriormente e mettendo ad ‘esaurimento’ gli altri.

L’altro aspetto è quello che i vincitori dei bandi nazionali per ricercatori di tipo b si affiancherebbero a quelli locali già previsti dalla Legge, introducendo per la prima volta nell’ordinamento italiano una ‘produzione’ diversa (una sorta di doppio binario) di una stessa figura accademica: i ricercatori proventi da bandi nazionali (di serie A) e i ricercatori provenienti da bandi locali (di serie B).

Basterebbe intervenire su questi due aspetti per capovolgere il senso di una operazione accademico-politica con la quale si accelererebbe il progetto accademico-confindustriale di ridurre a meno di venti gli Atenei ‘veri’, emarginando o chiudendo tutti gli altri. In altri termini, sarebbe necessario che i bandi dei posti di ricercatore B fossero tutti (sia quelli su fondi di Atenei che quelli su fondi ministeriali) SOLO nazionali e riguardassero SOLO posti PREVENTIVAMENTE allocati negli Atenei (sia, ovviamente, quelli su fondi di Ateneo, ma anche quelli su fondi ministeriali).  Ai vincitori – sulla base di una graduatoria – dovrebbe essere consentita la scelta dell’ateneo (tra quelli dove sono pre-allocati i posti) in cui svolgere l’attività. Occorrerebbe inoltre escludere dalla commissione nazionale gli appartenenti agli atenei in cui sono stati allocati i posti. Questo meccanismo penalizzerebbe ‘solo’ la cooptazione personale e non anche la maggioranza degli Atenei.

L’attuale Ministro ha dichiarato di non volere apportare subito modifiche sostanziali alla Legge cosiddetta Gelmini, che invece sarebbero indispensabili e urgenti. E però l’introduzione del bando nazionale dei ricercatori di tipo B annunciato dallo stesso Ministro costituirebbe una modifica di enorme ‘sostanza’ all’attuale legge . Non è che c’è il rischio che si ripeta quanto avvenuto con il precedente ministro Francesco Profumo? Al momento del suo insediamento Profumo dichiarò solennemente che una legge appena approvata (la cosiddetta Gelmini) non si doveva subito modificarla, ma poi, invece, ha operato importanti modifiche legislative e ministeriali, tutte peggiorative.

3. CAPANO E IL MONITORAGGIO DELLA “GELMINI”

1. Il monitoraggio/mantenimento della legge ‘Gelmini’

Nel corso dell’incontro con le Organizzazioni universitarie, il Ministro ha accennato al coinvolgimento di Giliberto Capano nell’attività di monitoraggio della legge cosiddetta Gelmini.

Quella di monitorare/mantenere per non si sa quando una legge che sta finendo di distruggere l’Università statale è una scelta che l’ANDU ha già criticato:

“Ma cosa c’è da ulteriormente accertare sulla legge cosiddetta Gelmini, i cui obiettivi erano chiarissimi a tutti – ben prima della sua approvazione – e i cui effetti devastanti sono sotto gli occhi di chiunque operi nell’Università? Peraltro l’attuale Ministro dovrebbe già conoscere molto bene questa legge alla cui approvazione e applicazione ha partecipato come membro della Conferenza nazionale dei Rettori (dal 2007) e come presidente del Forum del PD per l’Università (dal 2009).”

2. Il modello degli Atenei-Asl

L’annuncio del coinvolgimento di Giliberto Capano nell’attività di monitoraggio non può che preoccupare ulteriormente.

 Capano è uno studioso di sistemi universitari. Recentemente ha presentato un libro da lui curato assieme a Marco Meloni, responsabile del PD anche per il settore universitario. Il libro contiene ” proposte precise da proporre al discorso pubblico, al mondo accademico e ai decisori politici.” 

Giliberto Capano è anche un interprete e difensore ‘estremo’ della governance imposta dalla Legge cosiddetta Gelmini. Anzi se fosse dipeso solo da lui, forse oggi non ci sarebbe l’attuale organizzazione ultra-verticista degli Atenei (il rettore, da padrone assoluto, è diventato un sovrano assoluto), ma una gestione tipo ASL.

Infatti, il ‘modello di partenza’ di Giliberto Capano è quello descritto nel suo intervento “Una riforma coraggiosa per l’università” del 2004. Ecco come doveva essere, secondo Capano, il CdA: “Il Consiglio di Amministrazione è composto solo da esterni all’ateneo e di dimostrata eccellenza nei loro settori professionali. Il numero dei membri deve essere dispari, andando da un minimo di 5 ad un massimo di 9. Un membro viene nominato mediante un mutuo accordo tra le associazioni di rappresentanza degli interessi che insistono sul territorio. I restanti otto membri sono nominati per metà dal Senato Accademico e per l’altra metà in numero eguale dal ministro dell’Università e dal Presidente della Regione (…). Sono esclusi professori universitari in servizio in qualsiasi università (ma sono ammessi accademici in pensione o fuori-ruolo e studiosi stranieri), membri di organi di rappresentanza politica ovvero di esecutivi locali, regionali e nazionali.” E naturalmente deve essere il CdA a “nominare il Rettore da una lista di tre nomi presentata dal Senato”. Insomma, una totale ‘ASLizzazione’ degli Atenei.

3. Un Ministro-Thatcher dell’Università per un “lavoro sporco”

Giliberto Capano ha qualche anno dopo indicata la cura (e il medico) di cui ha bisogno l’Università italiana. Infatti, Capano nel marzo del 2006, su Europa, allora organo della Margherita, ha addirittura attaccato il ministro Moratti scrivendo: “dal ministro manager ci saremmo aspettati molto, molto di più ( … ) una riforma del sistema di governo degli atenei che non possono più essere governati secondo le attuali logiche corporative ed autoreferenziali. Insomma, ci si aspettava che la Moratti facesse quel “lavoro sporco” che un grande manager deve saper fare per rimettere in sesto un’azienda in cattive condizioni. Ovvero ci si aspettava quelle riforme “vere” incisive e coraggiose che solo un grande politico sa fare (decidendo velocemente ed attuando immediatamente). Niente, solo maquillage. Nulla che ricordi la coraggiosa lungimiranza di riformatori veri dell’università in altri paesi (pensiamo alla Gran Bretagna dalla Thatcher a Tony Blair …).”

4. “Interpretare in modo responsabile l’autonomia”, quindi Profumo contro Profumo

Nel marzo 2011 Giliberto Capano l’aveva ‘raccomandato’ su Europa, diventato organo del PD: gli Atenei avrebbero dovuto “interpretare in modo responsabile l’autonomia” e, quindi, applicare fedelmente la Legge la quale prevederebbe che “l’organo che decide le strategie è il cda, il rettore governa, il senato accademico propone e suggerisce.” 

E quando è diventato ministro Francesco Profumo, nel novembre 2011 Giliberto Capano, temendo un atto di coerenza del neo-ministro, si è fortemente allarmato ed è intervenuto, sempre su Europa, “per salvare quello che c’è di buono nella riforma della governance delle Università italiane” e per far questo, secondo lui, “il ministro Profumo dovrà (non “dovrebbe”, ndr) andare contro il rettore Profumo”. Da cosa farà il ministro Profumo, ‘minaccia’ Capano, “capiremo (Capano e imprecisati altri, ndr) qualcosa rispetto alla capacità del governo ‘dei competenti’ di essere davvero tali, di distinguere tra legittime visioni personali e cogenti necessità istituzionali.”

  La preoccupazione di Giliberto Capano era accresciuta dal fatto che “se il ministro Profumo non dovesse ricorrere contro il suo ateneo, non solo darebbe ragione a quelle quindici università ( … ) che hanno ‘provato’ a forzare il significato autentico della legge 240 rispetto alla composizione del Cda ( … ), ma con effetto a catena favorirebbe anche un ‘rompete le righe’ di tutti quegli atenei, la maggioranza, che hanno cercato di trovare soluzioni istituzionali aderenti allo spirito della riforma.”

Come è noto, poi il ministro Profumo ha abbandonato le sue “legittime visioni personali” (cioè quelle di qualche giorno prima, quando era rettore) e ha fatte proprie le “cogenti necessità istituzionali” – come auspicato/’minacciato’ da Capano – facendo ricorso contro lo Statuto del suo Ateneo (da lui stesso approvato da rettore) e contro tutti quelli altri Statuti che, non avendo la stessa visione istituzionale di Capano, della Confindustria e della CRUI, hanno osato prevedere l’elezione diretta di alcuni componenti del CdA.

E’ anche noto che tutti i ricorsi del ministro Profumo sono stati finora respinti dai TAR e che quello stesso Ministro ha fatto ricorso al Consiglio di Stato.

Nell’incontro del 27 giugno scorso, l’attuale Ministro si è invece impegnato – per rispettare l’autonomia degli Atenei – a ritirare i ricorsi.

4. UNIVERSITA’, KANT E PUGLISI

“Kant? Un incapace per i nostri atenei. Giovanni Puglisi: perché alle nostre università serve un cambio di rotta”, è il titolo di un’ampia intervista sull’Unità del 29 giugno 2013 a Giovanni Puglisi, “rettore dell’università Kore di Enna e dello Iulm, presidente dell’Unesco Italia”. Più che di un’intervista, si è trattato di “un dialogo con l’Unità”, come scrive l’intervistatore.

1. Puglisi, un personaggio di grande e lunga esperienza

Nell’intervista Giovanni Puglisi afferma diverse cose giuste, il cui valore sarebbe stato certamente ancora più apprezzato se i lettori fossero stati messi a conoscenza anche degli altri suoi attuali circa venti incarichi, tutti di alta qualità culturale e di alta responsabilità (v. nel sito CRUI).

Tra i tanti incarichi di Puglisi va sottolineato quello di vice-presidente della CRUI, di cui fa parte da oltre 12 anni. Dodici anni al servizio dell’Università da rettore, che seguono i 19 anni spesi ininterrottamente da preside.

Tenendo conto di questa immensa conoscenza dell’Università (e non solo) da parte di Giovanni Puglisi, risultano particolarmente credibili (e più facilmente condivisibili) alcune sue affermazioni.

2. La difesa dell’autonomia

Sulle abilitazioni nazionali, Giovanni Puglisi risponde all’intervistatore: “sa quale sarà il risultato? Un ginepraio di ricorsi giudiziari, alla fine saranno i giudici a doversi esprimere sulla selezione dei docenti.”

Una giusta preoccupazione quella di Puglisi, a difesa dell’autonomia universitaria, che certamente sarebbe stata molto utile se fosse stata espressa anche nel 1995, quando, con i “ricorsi giudiziari” si arrivò alla cancellazione dello Statuto dell’Università di Palermo, partendo da uno ‘speciale’ decreto ministeriale confezionato su ordinazione contro i suoi troppo democratici contenuti.

3. La critica alla riforma ‘Gelmini’

Come non si può condividere l’opinione di Giovanni Puglisi quando, riferendosi alla “griglia legislativa della Gelmini”, afferma che “per cambiare profondamente occorre mutare quell’impianto strutturale”?

Un’affermazione questa che mostra la non comune capacità di Puglisi di sapere cambiare opinione. Infatti su Avvenire del dicembre 2009 si era potuto leggere che il rettore Giovanni Puglisi dava il suo “pieno sostegno all’azione riformatrice dell’Università”, auspicando che nel “dibattito in Parlamento prevalga uno spirito di convergenza tra gli schieramenti.” Puglisi, però, già allora un dissenso dalla legge cosiddetta Gelmini l’aveva manifestato esprimendo “la sua contrarietà al limite del mandato dei rettori”. Giovanni Puglisi aveva (e ha) le sue buone ragioni: perché porre limiti a chi è in grado di assolvere a tanti importanti incarichi, anche a lungo e anche contemporaneamente?

Un cambio di opinione quello di Giovanni Puglisi anche rispetto a quelle assunte come componente dall’Assemblea e della Giunta della CRUI, che hanno espresso il loro totale sostegno al Disegno di legge voluto dalla Confindustria e tradotto in legge da tutti i Partiti, di maggioranza e di finta opposizione.

Insomma, le opinioni di oggi di Giovanni Puglisi sembrano avere molto poco in comune con quelle da lui espresse nel lontanissimo febbraio del 2004, quando sul Sole 24-ore scriveva:

“Il condizionamento elettorale dei rettori è incompatibile con una gestione efficace ed efficiente del sistema, che ha bisogno di guide esperte e competenti della didattica e della ricerca, ma anche capaci di governarlo in funzione del suo sviluppo e non in funzione dei suoi addetti.”

Addirittura oggi Giovanni Puglisi sembra mettersi in discussione quando nell’intervista all’Unità afferma che “in democrazia vanno fatte delle rotazioni, è fisiologico oltre che razionale.”

4. La denuncia della “dequalificazione” di rettori e presidi

Afferma Giovanni Puglisi nella stessa intervista: “In nome dell’autonomia sono avvenuti fenomeni di dequalificazione, rettori e presidi per ingraziarsi l’elettorato hanno aggregato, a volte persone diciamo di non alto profilo. Spesso i concorsi sono avvenuti in coincidenza di elezioni di rettori e presidi.”

Una denuncia gravissima e coraggiosa questa di Puglisi, ancora più significativa se si tiene conto che essa proviene da chi ha potuto osservare da vicino i comportamenti dei suoi colleghi presidi (per 19 anni) e rettori (da oltre 12 anni).

5. La fiducia nella Carrozza

Nell’intervista all’Unità Giovanni Puglisi ha anche espresso “fiducia intellettuale nelle qualità del nuovo ministro Carrozza”.

Quanto potrà incidere questo autorevole e qualificato apprezzamento sul futuro operato del nuovo Ministro?

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Luca
Luca
11 anni fa

Concordo con Leo; anzi, credo proprio che come risultato delle abilitazione nazionali, che all’atto pratico sanciscono una istituzionalizzazione della spartizione fra le cordate baronali, il sistema sarà più chiuso, più corrotto e più corporativo, e che i migliori talenti non appartenenti ad alcuna “scuola” fuggiranno all’estero anche più di prima…

Leo
Leo
11 anni fa

Concorsi nazionali per ricercatori di tipo B? E con quali criteri costiuirebbero le commissioni? E come fanno a stabilire chi saranno i vincitori? faranno una comparazione tra chimici, storici, pediatri, ingegneri, latinisti e quant’altro? Il Ministro non ha detto che i posti saranno suddivisi equamente tra i vari settori.. forse le delegazioni potevano porre questi quesiti..tra l’altro sono sicuro che i membri delle commissioni saranno scelti con i soliti metodi occulti..per le abilitazioni nazionali dovevano fare un unico sorteggio per tutti i settori e chissà perchè hanno fatto sorteggi separati…e poi i vincitori dei bandi saranno di sicuro legati alle cordate più forti a livello nazionale..più forti non significa migliori sul piano scientifico..questa fissazione che i concorsi nazionali risolvano tutto è incomprensibile..

vanella
vanella
11 anni fa

Gli Atenei possono utilizzare,per il turnover, il 50% dei punti organico dei pensionamenti ; una bufala…. o solamente populismo…..; il Signor Ministro avrebbe dovuto dire devono e non possono; il signor ministro sa di quanto l’FFO e’ stato ridotto negli ultimi tre anni!!!!! quindi i punti organico dei pensionamenti,nella quasi totalità degli Atenei,serviranno per pagare gli stipendi…..L’articolo comparso su Sole 24 ..”1500 posti di ricercatore e 1500 posti di professori nel biennio 2014-2015….” si conclude con commento ” non fattibile”