I Rettori contro i ricercatori precari e di ruolo – Le proposte dell’ANDU

        La CRUI con la sua “Mozione approvata all’unanimità (naturalmente, ndr) di fatto:

1.  ribadisce il suo sostegno al DDL governativo (l’”indispensabile intervento riformatore”) che, tra l’altro, assegna poteri ‘dittatoriali’ ai Rettori e consente il prolungamento del mandato per molti degli attuali;

 2. conferma di volere la messa a esaurimento del ruolo dei ricercatori, senza alcuna modifica e quindi senza il riconoscimento delle “funzioni essenziali per la vita universitaria” da loro svolte (che la stessa CRUI riconosce), funzioni che sono le stesse di quelle svolte dai professori associati e dai professori ordinari;

 3. richiede “un idoneo finanziamento MIUR “per consentire, “per i primi sei anni”, “l’immissione ogni anno” “di non meno di 2000 abilitati alla posizione di professore associato”. Tali posti potranno essere ‘occupati’ da chi avrà conseguita l’abilitazione nazionale che, ovviamente, potrà essere conseguita da qualsiasi cittadino, compresi gli attuali circa 50.000 precari e 25.000 ricercatori di ruolo. Di conseguenza, di fatto, la maggior parte degli attuali precari sarà espulsa dall’Università e per gli altri si prospetta un ulteriore lungo periodo di precariato. Per gli attuali ricercatori di ruolo, gli Atenei decideranno se e quanti di questi posti utilizzare per il loro passaggio ad associato, per “chiamata diretta”.  Le richieste della CRUI sono antitetiche a quelle dell’ANDU che invece chiede il bando, su fondi MIUR, di almeno 20.000 posti di ricercatori di ruolo e l’immissione automatica nella fascia degli associati di quei ricercatori di ruolo che avranno conseguito l’abilitazione nazionale ad associato. Analogamente, deve essere prevista l’immissione automatica nella fascia degli ordinari degli associati che avranno conseguito l’abilitazione nazionale a ordinario (v. proposta in calce);

 4. si unisce al coro di coloro che spacciano per “tenure track” un meccanismo di reclutamento che, come previsto dal DDL governativo, non lo è affatto;

 

5. richiedendo “di riequilibrare la numerosità delle diverse fasce di docenza”, vuole la riorganizzazione a piramide della docenza (più associati degli ordinari, con una amplissima ‘base’ di precari), in una logica di accentuazione della differenziazione gerarchica tra le fasce.

 

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Proposte dell’ANDU

 

                Da anni l’ANDU ha elaborato una proposta per eliminare il precariato e il nepotismo, per riconoscere ai ricercatori il ruolo di professore e per consentire i passaggi di fascia.

-      Per eliminare il precariato occorre sostituire TUTTE le attuali figure precarie con una SOLA figura pre-ruolo di durata massima di tre anni non rinnovabili, con un numero di posti proporzionato agli sbocchi in ruolo, e contestualmente bandire almeno 20.000 posti nella fascia iniziale della docenza, con uno specifico finanziamento straordinario dello Stato.

-      Per eliminare il nepotismo occorre prevedere per il reclutamento in ruolo un CONCORSO NAZIONALE (senza chiamata locale) con commissioni interamente sorteggiate.

-      Per riconoscere pienamente la funzione docente dei ricercatori occorre TRASFORMARE il loro ruolo in terza fascia di professori.

-      Per consentire il passaggio dei ricercatori e degli associati nella fascia superiore occorre prevedere un valutazione nazionale individuale da parte di una Commissione interamente sorteggiata. Al superamento del giudizio nazionale deve corrispondere l’automatico passaggio nella fascia superiore, prevedendo a carico dello Stato l’incremento economico. La chiamata locale di chi è già in servizio e continuerà comunque a svolgere la stessa attività (didattica e ricerca) è ’solo’ una FOLLIA accademico-giuridica!

                  Per i dettagli v. il punto 2. della Proposta dell’ANDU “Per una Università democratica“.

 

5 comments for “I Rettori contro i ricercatori precari e di ruolo – Le proposte dell’ANDU

  1. antonio pasini
    26 marzo 2010 at 14:35

    Mi sembra che alla CRUI non si rendano conto che la messa ad esurimento riguarda non solo i ricercatori, ma tutto il sistema universitario. Cosa si illudono di poter mai salvare?

  2. Franco Frau
    26 marzo 2010 at 16:01

    Un fermo NO ad una soluzione a costo zero

    I ricercatori di tutta Italia stanno protestando contro le norme vessatorie nei loro confronti contenute nel DdL Gelmini. Vengono messi su un binario morto senza alcuna possibilità di avanzamento di carriera nonostante molti di loro abbiano già maturato le competenze scientifiche e didattiche per poter aspirare “ipso facto” almeno al ruolo di professore di II fascia.
    Ma il merito viene umiliato dall’oramai consueta litania “senza oneri aggiuntivi per le finanze pubbliche”, ripetuta ossessivamente in tutte le riforme dell’istruzione degli ultimi 10 anni.
    I ricercatori vogliono che venga riconosciuto il loro impegno nella didattica, in gran parte offerto volontariamente e gratuitamente per senso del dovere ed attaccamento all’istituzione universitaria, come pure la loro produzione scientifica. Nel contempo lamentano lo stato di sottofinanziamento dell’università pubblica che colloca l’Italia in posizione imbarazzante nella graduatoria della spesa statale per l’istruzione e la ricerca.
    Per tali motivi i ricercatori non possono accettare una soluzione a costo zero. Ci basta forse l’etichetta di professore? Sarebbe umiliante, poco dignitoso e svilente. Non possiamo avvallare e farci impunemente applicare, se non addirittura richiedere, la politica del “a costo zero”.
    Siamo ancora nel pieno di una profonda crisi economica, e per questo siamo disposti a discutere su modalità e tempistica della messa in atto delle nostre legittime aspettative, ma non possiamo accettare che ci si dica che non ci sono soldi, perché ogni giorno veniamo a conoscenza di centinaia di milioni di euro sprecati, rubati, evasi, distratti, regalati agli amici, scomparsi, e poi ci lasciano quasi senza stipendio.
    Chiediamo quello che ci compete e ci meritiamo, niente di più. Se non vorranno ascoltarci, resteremo ricercatori e continueremo a combattere per noi e per l’università, con la dignità di persone serie che non si inchinano al titolo di “professore a costo zero”.

  3. Ezio Dolara
    27 marzo 2010 at 22:28

    POSTICIPARE I CONCORSI IN ATTO E DARE POSSIBILITA’ A TUTTI DI PARTECIPARE CON LE NUOVE REGOLE!

    MORS TUA VITA MEA:
    COSI’ I BARONI MANDANO A ROTTAMAZIONE I RICERCATORI.
    NON DIMENTICHIAMO IL MAXICONCORSO IN ATTO, CON IL “COMMISSARIO LOCALE”(OLTRE 3000 IDONEI) ULTIMO DELLA SERIE “CHI VINCE?”.

    SAREBBE GIUSTO POSTICIPARE IL CONCORSO ALL’APPROVAZIONE DELLA LEGGE E DARE A TUTTI LA POSSIBILITA’ DI CONCORRERE.

    I RETTORI PER DELIBERA NON HANNO CONSENTITO A TUTTI DI PARTECIPARVI DOPO LA INTERRUZIONE PER IL CAMBIAMENTO DELLE REGOLE.
    ALTRA INGIUSTIZIA.

    E. DOLARA ROMA

  4. 29 marzo 2010 at 11:14

    Incipis vincere, si absconditur, si illi exitus non datur. Signa eius obruamus et illam quantum fieri potest occultam secretamque teneamus.

    chi accetta passivamente il pensiero di un altro non trova, anzi non cerca neppure qualcosa di nuovo”.
    comportarsi così, senza rivendicare il diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti viene portato via o carpito o perduto .
    è vergognoso.
    Della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell’agire diversamente dal dovuto. saremmo meno schiavi del futuro, se ci impadroniremmo del presente
    Bisogna opporsi ad un DDL incostituzionale,monarchico,frutto di un parlamento corporativista,lobbista.Solo privilegi e nessuna ddemocrazia.

  5. 30 marzo 2010 at 12:19

    Nella società civile contemporanea è sempre più diffusa la tendenza al rifiuto della legge, che si esprime in molteplici modi: alcuni violenti, altri semplicemente immorali.
    Tutto depone per il disprezzo nei confronti dell’ordine, nonché dell’autorità. Un fenomeno che ha poche analogie nella storia.
    L’opinione di molti contemporanei sulla legge è ben peggiore: la legge è uno strumento di oppressione.

    L’autorità — che si era avvezzi a considerare come la forza morale che sta dietro la legge — non gode di migliore stima. Oggi l’autorità è per lo più identificata con la forza, politica , così che può essere solo temuta.

    Questa mentalità ostile all’autorità pervade la società contemporanea. Si può riconoscere che abusi giuridici passati e presenti ne siano in parte la causa. Essa costituisce indubbiamente anche una reazione alla tendenza dello Stato moderno a esercitare controlli su quasi tutti i settori della vita dei cittadini, con la sensazione da parte di questi di essere soffocati dalla burocrazia e dalle leggi.

    Questa mentalità è spesso congiunta a uno struggente desiderio di “democrazia”, intesa non come mero sistema elettorale, ma piuttosto come espressione di una società in cui i cittadini siano investiti delle questioni di merito invece di essere considerati oggetti manipolabili senz’anima; una società fondata meno sulle strutture e più sulle relazioni interpersonali, nella quale vi sia meno autorità o almeno, dove l’autorità venga esercitata in modo più vicino ai cittadini.

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