“Arsenico e vecchi concorsi”

PRIMO AGGIORNAMENTO

- I concorsi per trasferimento di cui si occupa Roberto Perotti, economista bocconiano, (v. più avanti) erano stati  ‘preventivamente’ trattati il 9 dicembre 2009 da Francesco Giavazzi, economista bocconiano,  sul ‘suo’ Corriere della Sera. Giavazzi – noto anche per avere chiesto e ottenuto  il DL che sta enormemente ritardando lo svolgimento dei concorsi da molto tempo banditi – aveva, tra l’altro, scritto: “La facoltà di Economia e Commercio (di Roma 3, ndr) deciderà questa settimana a chi assegnare i due posti di professore ordinario. Si tratta di trasferimenti, quindi la facoltà sceglierà chi vuole. Oppure la facoltà sceglierà chi vuole il rettore Fabiani che ha ottenuto il finanziamento per quesi posti.” Insomma, la Facoltà era stata ‘avvertita’ in tempo, ma evidentemente, a differenza del ministro Gelmini, non ha voluto ascoltare i ‘consigli’ di Giavazzi, elargiti sul solito Corriere della Sera. Certo gli interventi di Francesco Giavazzi e Roberto Perotti mostrano che alcuni ‘particolari’ concorsi sono particolarmente pubblici: se ne scrive, prima e dopo, sui ‘grandi’ quotidiani che consentono a pochi privileggiati (sempre gli stessi) di ‘dettar legge’ e di giudicare, prima e dopo, anche i concorsi.

- Il Preside della Facolta’ di Economia di Roma 3, in una intervista sulla Stampa del 12 dicembre 2009,  afferma, tra l’altro, che le polemiche di Roberto Perotti “sono strumentali e interessate. Uno degli allievi di Perotti era fra i candidati”.

SECONDO AGGIORNAMENTO

- Il Preside della Facolta’ di Economia di Roma 3, nella lettera “Le precisazioni dal preside” sulla Stampa del 16 dicembre 2009, afferma, tra l’altro, che “non ho mai dichiarato che uno dei candidati fosse allievo di Perotti, ma che uno dei candidati fa parte della redazione de La Voce, insieme appunto al Perotti e al Giavazzi, del quale è stato dottorando”.

TERZO AGGIORNAMENTO del 10 febbraio 2010

- Anche Michele Boldrin interviene sul Fatto Quotidiano del 10 febbraio 2010. Boldrin, tra l’altro, scrive: “Io, per esempio, non ho potuto fare domanda come avrei desiderato …”. Nel primo aggiornamento avevamo scritto: “Certo gli interventi di Francesco Giavazzi e Roberto Perotti mostrano che alcuni ‘particolari’ concorsi sono particolarmente pubblici: se ne scrive, prima e dopo, sui ‘grandi’ quotidiani che consentono a pochi privileggiati (sempre gli stessi) di ‘dettar legge’ e di giudicare, prima e dopo, anche i concorsi.” Alla luce dell’intervento di Michele Boldrin si deve prendere atto che se ne scrive anche su quotidiani non ‘grandi’.

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L’intervento dell’economista Roberto Perotti “All’università tanto arsenico e vecchi concorsi”, sul Sole 24-ore dell’11 dicembre 2009, denuncia un caso di ‘ordinaria’ vicenda concorsuale. E come spesso accade quando il denunciante e’ un professore, il caso riguarda il proprio settore. Perotti ha la ‘fortuna’ – non di tutti – di potere esternare la sua indignazione attraverso un ‘grande’ quotidiano, lo stesso quotidiano che, assieme ad altri ‘grandi’ quotidiani nazionali, conduce da molto tempo una campagna di denigrazione dell’Università italiana e supporta il progetto di controriforma governativa che, se approvato, renderebbe ancora più gravi e più diffusi i tanti difetti che da decenni affliggono l’Università (v. documento ANDU).

 Roberto Perotti, nel denunciare lo ‘scandalo’ delle procedure e dei risultati di due concorsi a “cattedra” (ma un posto di professore ordinario si chiama ancora “cattedra”?), tra l’altro scrive: “la riforma ha dato molto potere ai rettori, concedendo loro di mantenere di fatto il controllo del consiglio d’amministrazione. Ma quanto avvenuto a Roma Tre dimostra che alcuni rettori probabilmente non meritano questa prova di fiducia.”

Le cose non stanno prorio come, “non per animosità personale”, sostiene Roberto Perotti. Intanto la “riforma”, cioè il DDL governativo, non ha ancora “dato molto potere ai rettori”, visto che non è stata ancora approvata (ha appena iniziato il suo iter parlamentare!) e potrebbe, come auspichiamo, essere non approvata o radicalmente rivista. Che un disegno di legge venga ‘vissuto’ come già legge è la comprova che, a certi livelli, è diffusa la sensazione/desiderio che i giochi siano fatti, visto anche che, come ricorda il sen. Valditara alla fine della sua relazione sul DDL, “il provvedimento riprende, talvolta quasi alla lettera, passaggi già contenuti nella proposta presentata a febbraio dalla maggioranza e pure in quella depositata a giugno dall’opposizione. Le soluzioni prospettate ricalcano inoltre, nelle loro linee generali, quanto contenuto nel programma elettorale del Pdl, che per molti aspetti non era distante da quello del Pd.”

Inoltre, il ruolo e i comportamenti dei Rettori non derivano dalle ‘caratteristiche’ personali di “alcuni rettori”, ma da un  sistema di potere che già oggi produce la figura del rettore-padrone e che con il DDL, che Perotti pare non contestare, diventerebbe un rettore-sovrano assoluto. E lo stesso Perotti non sembra nemmeno contestare i ‘nuovi’ concorsi previsti dal DDL che renderebbero ancora più locali e più finti i concorsi, ampliando così quel nepotismo di cui egli si lamenta per i risultati nei due concorsi per le “cattedre” di economia e di diritto.

5 comments for ““Arsenico e vecchi concorsi”

  1. 13 dicembre 2009 at 12:09

    USCIRE DALLA LOGICA PERSONALE
    di Maurizio Barbieri dellUniversità “La Sapienza” di Roma

    Concordo pienamente con le affermazioni riportate nel commento. Se non si riesce a uscire da una logica personale non si riesce a far comprendere ai cittadini quello che l’università è, e sta diventando.
    Il DDL governativo ha appena iniziato il suo iter parlamentare e in molte sedi si sta iniziando, finalmente, a discutere di questo. Riuscire a far scrivere alla stampa nazionale, di questi confronti potrebbe, secondo me, portare un contributo costruttivo alla discussione.

  2. Giovanni de Simone
    13 dicembre 2009 at 15:05

    ABOLIRE I CONCORSI
    di Giovanni de Simone dell’Università Federico II di Napoli

    L’Italia è un paese di mercanti, naviganti e fantasisti. Cambiare le regole si può ma non serve. Bisognerebbe cambiare le teste è cioè trasformare la congenita immoralità dell’Italiano in responsabile bilanciamento tra i diritti propri e quelli degli altri. Ancora non ho sentito nessun Professore commentare negativamente l’esito di un concorso che è andato bene per un suo allievo. Fa piacere far credere che si vince perchè si è bravi. Non è stato così e non sarà mai così in questo paese, qualsiasi sia la regola che ci diamo, perché nessuno se ne frega niente di meriti e produttività. Non ci prendiamo in giro. L’unica possibilità per uscirne, ma nessuno la vuole, è condizionare il mantenimento di posizioni di responsabilità alla qualità delle scelte effettuate. Io scelgo Tizio invece di Caio. Ne devo rispondere. Per fare questo, occorre che 1) sia chiaro chi sceglie (ed i concorsi invece nascondono chi sceglie); 2) che la scelta non sia condizionata da scambi di favori. Bisogna abolire i concorsi. I Dipartimenti devono scegliere i loro professori e la chiamata deve essere diretta. Allora magari anche i ciuchi potranno diventare professori, ma il Dipartimento ed il professore che li promuove o li chiama devono rispondere della scelta. Come rispondere? Personalmente sarei disposto a mettere in discussione anche la mia posizione accademica ed il mio stipendio (in modo bidirezionale, cioè premiale o punitivo). Ma credo sia chedere troppo.

  3. Peppe Saccomandi
    13 dicembre 2009 at 17:34

    SOLITA STORIA
    di Giuseppe Saccomandi dell’Università di Lecce

    Scusate ma gli argomenti di Perotti sono molto più sostanziosi di un timbro postale. La replica del Preside è quasi ridicola. Bocconiani o no, Perotti ci racconta ancora una volta la solita storia, basta poco per riconoscerla il resto è noia. Ancora una volta si dimostra che l’accademia italiana è in mano a lupi famelici. Non è più possibile difendere questo stato delle cose.

  4. alberto abruzzese
    14 dicembre 2009 at 14:53

    MANCA UNA RIFLESSIONE
    di Alberto Abruzzese dello IULM di Milano

    Sono assolutamente d’accordo con Giovanni de Simone. E sostengo questa tesi da molti anni. Ma ho smesso di intervenire sull’Università – almeno nelle pochissime e esigue vetrine mediatiche in cui potevo ancora accedere – perchè mi è sembrato che parlare di contenuti invece che semplicemente di procedure giuridiche o di questione morale non interessasse nessuno: né ai politici pur investiti di responsabilità sul futuro dell’università né ai docenti e infine persino sempre meno agli studenti. Magari soltanto a un precariato intellettuale miracolosamente sfuggito alla mannaia dei docenti-ghigliottina. Rivendicazioni, polemiche e mobilitazioni mancano di una riflessione su cosa insegnare.. e quindi, anche quando sia nobile lo scontro per una dignitosa riforma delle istituzioni accademiche, si ragiona sul passato rovinoso dei nostri saperi (e delle nostre funzioni) assai più che sul presente e i suoi drammatici mutamenti (ovviamente il mio discorso si basa sulle scienze umanistiche in senso lato, ma per quanto sulle scienze “dure” io sia poco o nulla competente, credo che anche a loro proposito si possa esprimere un parere analogo).
    alberto abruzzese

  5. 17 dicembre 2009 at 10:01

    NEPOTISMO INTRINSECO
    di Antonino Graziano dell’Università di Catania

    Incredibile come si spenda tempo a commentare l’esito dei concorsi universitari. Fin dalla fondazione delle università il nepotismo è intriseco nell’istituzione, nasce clericale mantiene nei secoli tale assetto normativo ed oggi che abbiamo appena preso coscenza della demoscrazia esiste un desiderio di rinnovo istituzionale delle regole. La proposta: l’attuale istituzione andrebbe in toto messa in pensione con un unico ruolo. Il nuovo va pensato in maniera diversa: tre anni prima della laurea in istituzioni estere poi sei anni sempre all’estero ed infine il concorso alle università italiane con un unico ruolo e valutazione triennale del lavoro svolto.

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