I CONCORSI DEL DL 180 RICHIESTO DA GIAVAZZI

Francesco Giavazzi e’ un professore di economia, insegna alla Bocconi, ‘dispone’ dell’accesso alla prima pagina del Corriere della Sera e quindi e’ uno degli “opinionisti piu’ autorevoli e interessanti che meritano attenzione”, come l’hanno definito “Mariapia Garavaglia, Ministro dell’Universita’ del governo ombra” e “Luciano Modica, responsabile nazionale Universita’ del Pd” sul Corriere del 5 novembre 2008 (nota 1).

I due esponenti del PD avevano ‘colto’ che a livello governativo si stava preparando un Decreto-Legge, cosi’ come richiesto dallo stesso Giavazzi che, sulla prima pagina del Corriere della Sera del 3 novembre 2008 (nota 2), aveva ‘prescritto’ al Governo i “Tre segnali da dare in una settimana”, dettando i contenuti del Decreto-Legge. Garavaglia e Modica hanno tentato di far capire a Francesco Giavazzi che “modificarefrettolosamente i bandi di concorso gia’ emanati dai rettori secondo la legge vigente, e con i termini scaduti, per recepire nuove regole di formazione delle commissioni farebbe correre il rischio di un enorme contenzioso difficile da dirimere”. Ma non c’e’ stato nulla da fare. Giavazzi aveva gia’ deciso che occorreva comunque “un segnale di discontinuita’ forte”, “ora, non dopo la tornata di concorsi che stanno per essere espletati. Centinaia di baroni universitari hanno accuratamente organizzato i voti, hanno usato la perversione delle doppie idoneita’ (due vincitori per un posto) per costruire solide maggioranze, insomma hanno truccato i concorsi” (Corriere della Sera del 5 novembre 2008, nota 3). Insomma, per Giavazzi si trattava di un’emergenza e pertanto occorreva, immediatamente e ad ogni costo, impedire lo svolgimento dei “concorsi finti” (cosi’ li ha definiti) gia’ banditi. Francesco Giavazzi ha pienamente ragione: i concorsi a ordinario, ad associato e a ricercatore sono finti. Peccato che Giavazzi se ne sia accorto solo ora, cioe’ DOPO che i finti concorsi a ricercatore si sono svolti, sempre con le stesse regole, dal 1980 (da quasi trent’anni!) e quelli a ordinario e ad associato dal 1997 (da oltre dieci anni!).
Peccato che Giavazzi non abbia mai potuto leggere sulla prima pagina del ‘suo’ Corriere quanto da SEMPRE denuncia l’ANDU e che solo ora (perche’ solo ora? Che e’ successo di nuovo?) egli scopra, come emergenza su cui intervenire addirittura con un Decreto-Legge, una realta’ che chiunque, anche senza l’aiuto dell’ANDU, ha potuto osservare in tanti anni.
In particolare, ci si chiede: come mai il professore Giavazzi, PRIMA dell’approvazione della legge Berlinguer sui finti concorsi a ordinario e ad associato, non si sia contrapposto alla ‘propaganda’ a favore di quella legge condotta da tanti suoi ‘prestigiosi’ colleghi. Perche’ non si e’ unito all’ANDU, che a quella legge allora si e’ opposta da sola? Puo’ essere utile a Francesco Giavazzi, e comunque al resto del mondo
universitario, leggere qui una sintesi della propaganda di allora (1996) a
sostegno dei concorsi locali, ora universalmente definiti “finti” e riconosciuti come strumento di localismo, nepotismo, familismo, ecc.
Una propaganda che ora si ripete, con contenuti apparentemente diversi, ma con lo stesso strumento della ‘guerra mediatica’, ancora una volta per
cambiare tutto per non cambiare nulla o, addirittura, per peggiorare tutto.

SINTESI della propaganda mediatica nel 1996 a favore della Legge Berlinguer che ha introdotto i “concorsi finti” a ordinario e ad associato:
– Giorgio De Rienzo sul Corriere della Sera del 6.7.96 scriveva che con le
nuove norme della legge Berlinguer “i nuovi concorsi dovrebbero sfuggire
alle vecchie logiche mafiose. Infatti sara’ piu’ difficile per i membri della commissione stabilire accordi truffaldini, poiche’ si troveranno a decidere su un solo posto, per un singolo ateneo, e non piu’ posti a livello nazionale.”

- Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 22.7.96 affermava che solo “con l’autonomia e la liberta’ di competizione” si puo’ contrastare il
provincialismo”.
– Umberto Eco su Repubblica del 23.7.96 sosteneva che la legge Berlinguer “cerca di far funzionare l’universita’ come i giornali o un’altra azienda produttiva. Gli atenei diventano responsabili della scelta del professore di cui hanno bisogno. Ma allora avverrebbe quel che avviene per i giornali: alcuni fanno ottime scelte, vendono bene e sono considerati autorevoli, altri fatti male, e tirano a campare. O chiudono”. Se non passa senza sostanziali modifiche la legge Berlinguer “addio Europa”, concludeva.
– Aldo Schiavone su Repubblica del 24.7.96 asseriva che e’ “importante non perdere tempo in discussioni improduttive impancate solo per vanificare tutto”. Berlinguer, per “vincere una partita difficile”, “la conduca con freddezza e duttilita’ – come sa del resto fare”. “Vada per la sua strada, con fermezza e alla luce del sole.”
– Marcello Pera sul Corriere del 25.7.96: “Finalmente abbiamo un bel ministro di destra – ha esordito il senatore berlusconiano -. Proprio quello che ci voleva! Se ha bisogno di aiuto, eccomi qua”. “L’essenziale e’ resistere alle pressioni del partito trasversale che si oppone al rinnovamento. E’ una lobby potentissima: associati, ricercatori, sindacati
dell’universita'” (in realta’, purtroppo, era solo l’ANDU, ndr) Tra coloro che costituivano (e continuano a costituire) ‘l’opinione pubblica’ sulle questioni universitarie, solo Nicola Tranfaglia riconobbe che “il decentramento cosi’ realizzato rischia di accentuare gli aspetti di clientelismo e di localismo gia’ forti nelle nostre universita’.” (da Repubblica del 25.7.96).

Naturalmente l”opinione pubblica’ allora vinse – come sempre – e la Legge
Berlinguer fu approvata, nonostante le argomentazioni-previsioni dell’ANDU dettate da semplice buon senso. Infatti, il 27 giugno 1998, PRIMA dell’approvazione della legge Berlinguer, l’ANDU aveva scritto:
“Con questa legge i concorsi locali ad ordinario e ad associato risulteranno una FINZIONE come da sempre lo sono quelli a ricercatore.
Localismo, nepotismo e clientelismo (insistiamo, parole usate dieci anni
fa!, ndr), gia’ ampiamente esercitati nei concorsi per l’ingresso nella docenza, saranno praticati anche nell’avanzamento nella carriera, in misura di gran lunga superiore a quanto sperimentato con gli attuali meccanismi concorsuali” (“Universita’ Democratica”, n. 162-163, p. 5).
E nel dicembre 1998 l’ANDU ha aggiunto: “ora anche la carriera deve
essere decisa attraverso una cooptazione personale da parte di quelli che una volta si chiamavano baroni ed e’ ad essi che bisognera’ affidarsi, con adeguati comportamenti anche umani, per vincere concorsi che sono
considerati, non a torto, una mera perdita di tempo, un fastidioso ritardo
all’attuazione di una scelta gia’ operata.” (“Universita’ Democratica”, n.
168-169, p. 7).
Pensiamo sia utile analizzare nel merito il punto delle ‘nuove’ modalita’ concorsuali contenuto nel Decreto-Legge.
Ribadito che non si puo’ intervenire con un provvedimento d’urgenza su una ‘urgenza’ vecchia di decenni (e quindi mancano i requisiti d’urgenza
previsti dalla Costituzione), ma scoperta solo ora da Francesco Giavazzi, e che ancor meno si possono cambiare le regole di concorsi gia’ banditi, con domande gia’ presentate e con una parte delle commissioni gia’ costituite (i membri interni), si deve purtroppo constatare che quanto previsto dal Decreto-Legge 180 e’, ancora una volta, un pasticcio.
L’ANDU da decenni, nell’ambito di una riforma generale dello stato
giuridico dei docenti, chiede che per i concorsi per il reclutamento si
costituisca, per ogni settore, un’unica commissione nazionale, composta da ordinari tutti direttamente sorteggiati, senza la presenza di professori
delle sedi che hanno bandito i posti e senza la presenza di piu’ di un
professore della stessa sede. Analoga commissione dovrebbe essere prevista per il passaggio da una fascia all’altra sulla base di giudizi di idoneita’ individuali (senza comparazione). Tali commissioni dovrebbero DECIDERE i vincitori dei concorsi e le idoneita’. Questa e’ una proposta ORGANICA che, se approvata, darebbe un durissimo colpo al localismo degli attuali finti concorsi. Va sottolineato che tali nuove regole, nel caso dei concorsi a ricercatore, sarebbero introdotte PER LA PRIMA VOLTA. Ed e’ soprattutto ‘bonificando’ i concorsi a ricercatore (la fascia di reclutamento in ruolo) che si puo’ veramente impedire la cooptazione personale al momento dell’ingresso e, poi, nelle successive promozioni ad associato e a ordinario. Invece, per intervenire subito e a ogni costo, si sta facendo il solito pasticcio. Infatti, le norme attualmente contenute nel Decreto-Legge non eliminano il localismo concorsuale e rendono ‘complesso’ e in alcuni casi ingestibile il completamento delle commissioni. Il sorteggio previsto, infatti, riguarda solo una parte delle commissioni, quella attualmente elettiva, e per giunta esso e’ preceduto da una votazione di una rosa che in molti casi superera’ il numero dei professori ordinari del settore. E tutto questo per incidere in maniera molto relativa sull’esito ‘preventivato’ dei concorsi banditi. Infatti rimane nelle commissioni (che continuano ad essere separate, una per ogni singolo concorso) il membro locale. Inoltre, e soprattutto, per i concorsi a ordinario e ad associato, la sede ‘bandente’ rimane assolutamente libera di non assumere NESSUNO dei due idonei nel caso la maggioranza della commissione dovesse fare lo ‘scherzo’ di non idoneare colui per il quale il posto e’ stato bandito. Si osservi che, ‘naturalmente’, non viene modificata in alcun modo la distinzione in tre ruoli separati delle attuali tre fasce e rimane anche la follia giuridica che fa ripetere per tre volte lo straordinariato a chi ‘attraversa’ le tre fasce della docenza. Questo pasticcio vuole essere un modello ‘a regime’ e non un intervento ‘transitorio’, come rivela il fatto che esso e’ previsto anche per i posti
a ricercatore ancora non banditi, per i quali si potrebbe piu’ ‘liberamente’ decidere di cambiare le regole nella direzione indicata dall’ANDU, l’unica che puo’ veramente farla finita con il nepotismo e con tutti i fenomeni ad esso ‘annessi’.
Comunque il provvedimento ‘sollecitato’ da Giavazzi e’ ‘solo’ un Decreto-Legge che, in quanto tale, puo’ essere modificato dal Parlamento in sede di conversione in legge. Ci ‘aspettiamo’ che il Parlamento non ‘ubbidisca’ ai ‘desideri’ di un professore-opinionista e prenda atto che qualsiasi intervento sulle modalita’ concorsuali puo’ riguardare solo i concorsi ancora da bandire (e non quelli in via di espletamento), che deve comunque essere un intervento complessivo all’interno della riforma dello stato giuridico e che deve essere fatto attraverso lo strumento del disegno di legge e non con quello ‘autoritario’ del Decreto-Legge, strumento che, assieme alle Finanziarie e ai voti di fiducia, e’ stato ripetutamente usato da tutti i Governi degli ultimi decenni, sempre per aggredire l’Universita’ statale. Ma il Decreto-Legge n. 180, in sede di conversione in legge, una volta ripulito dalle norme ‘improprie’, potrebbe financo diventare utile all’Universita’ e al Paese se esso diventasse il ‘contenitore’ di norme inserite per accogliere le richieste dello straordinario movimento di protesta che vuole l’abrogazione della Legge 133 (tagli, turn over, fondazioni, ‘regali’ all’IIT). Siamo infatti ‘sicuri’ che tutto il Parlamento, maggioranza e opposizioni, riconoscera’ che di piu’ “meritano attenzione” le non meno “autorevoli e interessanti” (per usare gli stessi termini che Garavaglia e Modica hanno usato per Giavazzi) richieste avanzate da centinaia di migliaia di universitari, piuttosto che quelle di una sola persona, anche se e’ professore di economia alla Bocconi e se puo’ scrivere sulla prima pagina del Corriere. Se questo dovesse avvenire, sarebbe la prima volta che in Italia, per le questioni universitarie, a prevalere sarebbero gli interessi generali dell’Universita’ e del Paese, piuttosto che quelli della solita lobby trasversale accademico-confindustriale.

ISTIGAZIONE ALLA PRECARIZZAZIONE. Denunciamo che quanto previsto dal comma 3 dell’art. 1 del Decreto-Legge 180 (“Ciascuna universita’ destina tale somma per una quota non inferiore al 60% all’assunzione di ricercatori a tempo DETERMINATO e indeterminato”) equivale ad aumentare a dismisura il precariato e a ridurre i posti in ruolo. Infatti le baronie avranno interesse a preferire ai ricercatori in ruolo quelli ‘a scadenza’ perche’ piu’ ‘subalterni’ e meno pagati, la cui spesa peraltro non deve essere ‘contabilizzata’ nel famigerato 90%.

16 novembre 2008

- Nota 1. Per leggere l’intervento di Mariapia Garavaglia e Luciano Modica “Concorsi, si’ a nuove regole. Bene i segnali del governo”, sul Corriere della Sera del 5.11.08, cliccare:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2008/11/05SIP3004.PDF
– Nota 2. Per leggere l’intervento di Francesco Giavazzi “Tre segnali da dare in una settimana”, sul Corriere della sera 3.11.08, cliccare:
http://rassegnastampa.unipi it/rassegna/archivio/2008/11/03SIP1319.PDF
– Nota 3. Per leggere la risposta di Francesco Giavazzi “Ma il Pd ora si
impegni per favorire un rinvio”, sul Corriere della sera del 5.11.08,
cliccare:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2008/11/05SIP3005.PDF

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