DOCENZA. CLESSIDRA O PIRAMIDE?

SALVATORE SETTIS E FABIO MUSSI
Salvatore Settis, su Repubblica del 12 gennaio 2007 (nota 1), scrive che “il merito e il talento hanno poca cittadinanza in un sistema universitario inquinato da localismo delle carriere, moltiplicazione dei corsi di laurea, autoreferenzialita’ dei ceti accademici.”
E poi, ricordando che “la finanziaria prevede” “140 milioni di euro per il reclutamento di ricercatori nelle universita’ fra il 2007 e il 2009″, Settis si chiede: “Ma perche’ solo ricercatori? A quel che pare, puntare esclusivamente sui ricercatori sarebbe una misura indirizzata ai giovani. Ma chi l´ha detto che non esistono in Italia (e solo in Italia) giovani abbastanza bravi da aspirare a posizioni piu’ avanzate, associato o professore ordinario?” Il ministro Fabio Mussi, su Repubblica del 14 gennaio 2007 (nota 2), risponde che “il problema e’ un assetto surreale del corpo docente. In tutto il mondo la struttura e’ a piramide, in Italia a clessidra: 20 mila ordinari, 19 mila associati, 22 mila ricercatori”. “Cio’ significa che, nella loro autonomia, i professori universitari, quando hanno avuto a
disposizione dei concorsi, si sono vicendevolmente promossi, sbarrando la
strada ai giovani.” E piu’ oltre Mussi scrive: “Il governo sta provando ad inventarsi qualcosa per ridurre al minimo gli elementi clientelari e nepotistici che hanno
afflitto tanti passati concorsi, quali ne fossero le regole.”
Le questioni poste dal ministro Mussi sono due: il rapporto numerico tra le fasce della docenza e l’uso distorto dei concorsi.

IL RAPPORTO TRA LE FASCE DELLA DOCENZA
Ricercatori, associati e ordinari fanno lo stesso mestiere: didattica e ricerca. Quando l’attivita’ di un ricercatore ha raggiunto il livello di quella di un associato o di un ordinario, o quando l’attivita’ di un associato ha raggiunto il livello di quella di un ordinario, sarebbe doveroso riconoscergli, senza clientelismi e senza nepotismi, il livello raggiunto. Il ‘nuovo’ ordinario, ex associato o ex ricercatore, o il
‘nuovo’ associato, ex ricercatore, continueranno a svolgere didattica e ricerca come prima, ma con una qualita’ riconosciuta piu’ alta. Non riconoscere in tempo (o addirittura mai) tutto questo sarebbe (e’) una gravissima ingiustizia nei confronti del docente interessato, che verrebbe demotivato nella sua attivita’ e risulterebbe danneggiato anche sul piano economico. Il problema e’ come consentire il passaggio da una fascia all’altra della docenza riducendo, come vuole il Ministro, “al minimo gli elementi clientelari e nepotistici che hanno afflitto tanti passati concorsi”. Innanzitutto e’ indispensabile non continuare a confondere il reclutamento con l’avanzamento nella carriera. Reclutare significa assumere chi non fa gia’ parte della struttura, mentre fare carriera nella docenza significa
continuare a svolgere la stessa attivita’ di prima con una riconosciuta maggiore qualita’. Per reclutare nella docenza occorre ‘prevedere’ dei posti che vanno
occupati attraverso concorsi, da svolgere con prove comparative.Per reclutamento, che avviene prevalentemente nella fascia iniziale (oggi la fascia dei ricercatori), il concorso va ‘rivolto’, ovviamente, a chi non fa gia’ parte del ruolo docente, ma il reclutamento potrebbe anche avvenire direttamente nella fascia degli associati o in quella degli ordinari, ‘rivolgendo’ il concorso a chi non e’ gia docente di ruolo. Se queste ‘semplici’ considerazioni fossero condivise dal ministro Mussi, egli potrebbe “inventarsi” la seguente ‘semplice’ soluzione proposta da anni dall’ANDU.

Proposta ANDU. Ingresso nel ruolo docente (in tre fasce) per concorso
nazionale (prevalentemente nella terza fascia) e passaggio di fascia per
idoneita’ nazionale individuale (a numero aperto), con immediato e pieno
riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della
Facolta’ dove il docente gia’ lavora e continuera’ a lavorare. Per il passaggio di fascia e’ indispensabile prevedere uno specifico budget nazionale per i connessi incrementi stipendiali. Una delle conseguenze di questa proposta sarebbe quella di non prestabilire il rapporto numerico tra le tre fasce e quindi di non prestabilire la ‘forma geometrica’ della docenza (cilindro, clessidra, piramide, ecc.), che invece risultera’, man mano, dal livello raggiunto da ogni singolo docente, accertato senza clientelismi e senza nepotismi.

LOCALISMO, CLIENTELISMO E NEPOTISMO
L’ANDU da anni sostiene che la questione piu’ grave e urgente nell’Universita’ italiana e’ quella del localismo del reclutamento e delle carriere dei docenti, che sta alla base del clientelismo e del nepotismo accademici. Per eliminare il localismo occorre eliminare le scelte locali e quindi occorre affidare alla comunita’ nazionale la scelta di merito nei concorsi per il reclutamento e nelle valutazioni idoneative per il passaggio da una fascia all’altra, scelta che sarebbe cosi’ sottratta al singolo ‘maestro’ che in realta’ e’ quello che decide quando sono previsti concorsi o chiamate locali. Per ridurre la possibilita’ che agli arbitrii locali si sostituiscano quelli dei gruppi nazionali piu’ forti, occorre che i componenti delle
commissioni nazionali per i concorsi e per i passaggi di fascia siano tutti
sorteggiati. Proponiamo anche che, per assicurare maggiore serieta’, tutte
le commissioni siano composte di soli ordinari.
Siamo certi che il Ministro, prima di “inventarsi qualcosa”, prendera’ in seria considerazione la proposta dell’ANDU e dira’ cosa ne pensa. In ogni caso occorrerebbe assolutamente evitare che ci si inventasse l’ennesima soluzione che cambia tutto per in realta’ mantenere (o
accrescere), localismo, clientelismo e nepotismo, magari sostenendo di fare
una rivoluzione.

15 gennaio 2007

Nota 1. V. l’intervento di Salvatore Settis “Ricerca, se il merito fosse un obbligo”, su Repubblica del 12.1.07:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2007/01/ 12SII5017.PDF
Nota 2. V. l’intervento di Fabio Mussi “Portare qualita’ e merito”, su Repubblica del 14.1.07:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2007/01/ 15SIA1039.PDF

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