SEDE CONGRESSO ANDU SEDE E LAVORI CONVEGNO NAZIONALE SUL “3 + 2″ DUE ARTICOLI SU HARVARD TRE NUOVI INTERVENTI SUL “3 + 2″

ATTENZIONE! SEDE CONGRESSO ANDU. Il Congresso nazionale dell’ANDU, convocato a Firenze per venerdì 30 giugno 2006 con inizio alle 11, diversamente da quanto precedentemente annunciato, si terrà nell’Aula 11 della Facoltà di Architettura – S. Verdiana in P.ZA GHIBERTI, 27 (per come arrivarci v. nota in fondo)

CONVEGNO NAZIONALE SUL “3 + 2″ SI TERRA’ MARTEDI’ 11 LUGLIO 2006 A ROMA
SEDE E LAVORI
Il Convegno si terrà nell’Aula “E. Amaldi” del Dipartimento di Fisica di
Roma La Sapienza (P.le A. Moro, 5). I lavori del Convegno inizieranno alle 10.30 e si concluderanno intorno alle 17. Dopo una breve introduzione dell’ANDU, il primo intervento sarà svolto da Guido Martinotti. Invitiamo coloro che non l’hanno ancora fatto a comunicarci la loro intenzione di partecipazione al Convegno a Roma in modo da consentirci di organizzare i lavori.

DUE ARTICOLI SU HARVARD
Invitiamo a leggere i seguenti due articoli su Harvard:

= “Non imitare Harvard” di Michele Salvati su CorrierEconomia del 26.6.06:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2006/06/26SI21003.PDF

= “La guerra di Harvard” di Walter Mariotti sul Foglio dell’8.6.06:
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2006/06/08SI84038.PDF

TRE NUOVI INTERVENTI SUL “3 + 2″
Riportiamo tre interventi di Alessandra Ciattini (Roma La Sapienza) su
Marini e Bernardini, di Stefano Garroni (CNR Roma) su Università e Società e di Francesco Forte (Napoli Federico II) su “3 + 2 + 3″.

Alessandra CIATTINI (Roma La Sapienza): su Marini e Bernardini

Ho apprezzato l’intervento di Daniele Marini che, pur da pentito, critica la mia definizione di crediti, che sembrerebbere essere a suo parere la causa del loro fallimento. Credo sarebbe stato utile per il dibattito se egli avesse incluso la sua “corretta definizione”, evitando di rimandare alla presentazione da lui fatta per il CUN. Da parte mia, ribadisco che la mia definizione è corretta e che è
supportata dalla ricerca che ho fatto in questi ultimi anni sui vari aspetti delle cosiddette riforme universitarie, soffermandomi in particolare sulla politica della Banca Mondiale (se qualcuno è interessato posso fornire la bibliografia). Infatti, è alla Banca Mondiale che dobbiamo l’introduzione della cosiddetta università imprenditoriale (due cicli, sistema dei crediti, sistema della valutazione quantitativa per l’attribuzione delle risorse etc.) e non solo alla buona volontà di
Berlinguer, come scrive Carlo Bernardini. D’altra parte, come si ricava dalla Dichiarazione di Bologna del 19 giugno 1999, i paesi europei si sono impegnati a sviluppare <<a system of academic grades which are easy to read and compare, including the introduction of the diploma supplement (designed to improve international “transparancy”) and facilitate academic and professional recognition of qualifications)>>. Tale programma mi sembra del tutto congruente con la mia definizione di CFU, che del resto costituiscono un aspetto importante dello stesso. Quanto all’articolo di Bernardini, recentemente apparso sull’Unità, mi
permetto di osservare che la metafora agropastorale da lui proposta non
funziona. In primo luogo, non mi pare corretto contrapporre docenti che si sarebbero rimboccati le maniche a docenti che si sarebbero preoccupati solo del loro personale interesse. Tale impostazione nasconde i problemi oggettivi che
abbiamo di fronte. Forse Carlo Bernardini ed io utilizziamo fonti diverse, ma a me risulta che con il 3 + 2 di fatto i laureati non sono aumentati e che uno studente
non giunge più celermente alla meta. Inoltre, a me risulta che un laureato
triennale (in qualsiasi settore disciplinare) ha scarsissime possibilità di trovare un lavoro. Ha molte più possibilità se, dopo aver preso la laurea specialista, ottiene anche un master perlopiù a pagamento e organizzato da privati. Ed è bene aggiungere, si tratta di un lavoro precario senza nessuna garanzia né per il suo presente né per il suo futuro. E alla fine di questo lungo percorso il ragazzo risulta essere parecchio frustrato, direi anche di più del vecchio laureato. Se le cose stanno così, come risulta da varie ricerche, il 3 + 2 non ha risolto quei problemi che si sosteneva avrebbe risolto, anzi ne ha creati altri, che alcuni si ostinano a non vedere. Ma del resto, il suo scopo era creare personale con differenti competenze (esecutori e dirigenti) per il mercato del lavoro, senza tenere conto che ­ come ho già scritto ­ l’università in quanto tale non può essere subordinata alle esigenze del mercato, anche se ovviamente deve essere aperta alle problematiche socio-economiche, politiche, etiche provenienti dalla vita sociale. Se essa viene subordinata diventa un’altra cosa, che ad alcuni può anche piacere.
Mi permetto infine di chiedere a Bernardini: come si può stabilire a priori che una tesi di 300-500 pagine, frutto di una necessaria erudizione, sia “straziante e inutile” e non il prodotto di un ‘intelligente ricerca personale? Se valesse questo criterio molte opere filosofiche, letterarie e scientifiche, su cui si fonda la nostra cultura, dovrebbero essere buttate al macero. Concludo dicendo che, se c’è una guerra all’interno dell’università, essa vede almeno tre schieramenti. I primi sono i fautori della sua subordinazione al mercato, i secondi sono coloro (pochi) che vogliono difendere la sua vera libertà ed autonomia (dal mercato), i terzi sono
coloro che cercano di barcamenarsi tra queste due inconciliabili posizioni.
Alessandra Ciattini (Roma La Sapienza)

Stefano GARRONI (CNR Roma): Università e Società

Vorrei intervenire nel dibattito suscitato dall’intervento di Alessandra Ciattini, allo scopo -se non sbaglio- di continuare in quella prospettiva di demistificazione, che mi sembra il ‘taglio’ fondamentale dello scritto della collega. La mia idea francamente è questa: alcuni, anche docenti di grande prestigio non solo culturale ma anche politico, mi pare trascurino il tema dei ‘crediti’, in primo luogo, certamente nel senso in cui dice Alessandra Ciattini (evitare di riconoscere che si tratta di un mezzo di asservimento dell’Università al mercato); in secondo luogo, però, evitando di sottolineare che un conto è porsi il problema di un coordinamento dell’istituzione sociale universitaria con altre istituzioni sociali (tra
cui ovviamente l’industria e l’attività economica in generale). Ma un altro conto è identificare senz’altro l’istituzione economica con il mercato che, detta fuori dai detti, è esattamente il mercato capitalistico – dunque, quella determinata dimensione, che tutto appiattisce a quantità, perché solo così ottiene la valorizzazione (che, nei fatti, diviene sempre più problematica, però) del capitale stesso. Ed allora il problema che la Ciattini, pone, non è -a me sembra- quello
della difesa di antichi privilegi e di una concezione della cultura, socialmente irresponsabile o, come orrendamente si dice, autoreferenziale. No, il problema che la collega pone è un altro: certo che l’istituzione universitaria fa parte del complesso delle istituzioni sociali e che con esse deve coordinarsi, ma a quale scopo? Ed a questa domanda non è possibile dare una risposta, se si resta dentro il ristretto orizzonte universitario. Proprio perché si vuole che l’Università (per venire a quello, che propriamente è il nostro caso) riconosca la propria responsabilità sociale, è necessario anche che l’attività economica, da parte sua, riconosca tale responsabilità; ovvero, per dir la cosa in altri termini, se tutto ha da esser coordinato, lo ha da essere però secondo ben determinate coordinate sociali e democratiche. Credo che il senso del mio discorso sia chiaro e, dunque, non abbia bisogno di prolungarsi ulteriormente (nel quadro di un rapido dibattito come questo). Solo una cosa mi si consenta aggiungere. Non varrebbe la pena di riflettere a fondo sulla recente esperienza francese, per comprendere come proprio l’interconnessione delle varie dimensioni sociali, quando avviene sotto l’egida del mercato (capitalistico, lo ripeto), finisce col creare più contraddizioni, di
quante non risolva; e che alla fine, per togliere -o, comunque, contrastare- quelle contraddizioni ci vogliono azioni, che anch’essi coordino settori ed ambenti sociali diversi?

Stefano Garroni
Primo ricercatore CNR (Roma).

Francesco FORTE (Napoli Federico II): “3 + 2 + 3″

Nel prossimo Ottobre ad Acquisgrana in Germania avrà luogo un seminario sul
modello formativo delle Facoltà di Architettura, fondato sulla attualizzazione dello schema 3(alfabetizzazione di base) + 2(saperi di base professionali) + 3(professionalizzazione). In Architettura Urbanistica l’attualità dello schema consegue dalla modesta professionalizzazione che lo schema 3+2 offre, e dalla unsufficiente esplorazione connessa al dottorato (+3). Attualmente convalidiamo dottori di ricerca che non sono ricercatori, ma non sono neanche professionisti del progetto o del piano. Nelle scuole mediche si formano medici in sei anni, specialisti in quattro anni, e dottori di ricerca in tre anni(modello 6+4+3). In realtà in tutti i saperi si sperimenta la novità conseguente all’accellerazione ed accumulazione delle conoscenze. E da questa constatazione si scrutano nuove formule, tra le quali il 3+2+3 di cui al prossimo seminario. Il +3 orientato alla professionalizzazione ha connotati ben diversi dall’attuale dottorato, giustificandosi in tal senso i master e i vari specialismi del nostro dopolaurea, oltre che i dottorati. Dall’esperienza delle Facoltà mediche dovremmo dedurre acquisizioni.
L’attuale tre iniziale proposto come alfabetizzazione generalista lascia
intravedere significative modifiche ai manifesti degli studi. Il + due successivo comporta intenzionalità specifiche; il successivo + tre comporta acquisizione professionalizzante delle intenzionalità specifiche. Sarebbe opportunoi distuterne nel cosro del convegno che si svolgerà sul tema.

Con cordialità.
Prof. Francesco Forte, ordinario di urbanistica,
Facoltà di Architettura di Napoli

SEDE CONGRESSO ANDU A FIRENZE. Per arrivare a P.za Ghiberti, 7:
dalla Stazione S.M. Novella:
– uscendo dalla stazione (S.M. Novella) dall’uscita a destra (con i binari
alle spalle) prendere l’autobus n° 14 in Piazza Stazione-Via Alemanni
diretto verso il centro;
– dopo 6 fermate circa, chiedere di scendere alla 3° fermata di Via Ghibellina;
– a piedi prendere la 1° strada a sinistra (Via dei Macci), girare a destra
alla 2° traversa (Via Mino) e proseguire dritti fino in fondo: ingresso di S.
Verdiana
per arrivare in auto ricerca con:
http://www.viamichelin.it
http://mappe.alice.it/tcolnew/index_alice.html

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