Critiche e proposte all’ANDU

Abbiamo ricevuto dal prof. Marco Romano (professore ordinario di Estetica della città all’Università di Genova) un messaggio contenente critiche e proposte all’ANDU. Diffondiamo volentieri il messaggio del prof. Romano facendolo seguire da alcune considerazioni volte a chiarire ulteriormente le posizioni dell’ANDU, posizioni che in calce si ripropongono.

(La numerazione dei periodi del messaggio ricevuto è stata aggiunta peragevolare la lettura delle successive considerazioni)

MESSAGGIO ALL’ANDU DEL PROF. MARCO ROMANO*

1) Gli è che ho trovato fuori luogo concentrare le aspirazioni di una riforma universitaria sulla nomina di un ministro, come se un ministro della Repubblica fosse un deus ex machina e non dovesse piuttosto venire guidato da una opinione pubblica consolidata.

2) Mi pare che non ci sia gran che dibattito sul che cosa fare, che i numerosi documenti dell’ANDU abbiano avuto più quel facile e fastidioso tono barricadiero, di contestazione al ministro pro tempore, che non quello assai più difficile di consolidare proposte da far lievitare nella pubblica opinione fino a rendere quasi ovvio al ministro di mettervi mano.

3) Più difficile perché, si sa, anche i professori universitari costituiscono una di quelle corporazioni i cui intricati e trasversali interessi vengono percepiti come una delle tante palle al piede del nostro paese, sicché poi prendersela con Luigi Berlinguer o con Letizia Moratti – e con il suo tentativo di ricorrere a un comitato di saggi, come io stesso avrei fatto se fossi stato ministro – mi sembra facile ma irrilevante.

4) Alle soglie della pensione rammento di avere avuto – per circostanze che non è qui il caso di rievocare – un ruolo di molto rilievo nella formulazione del famoso decreto 382, e in particolare nell’affermazione del principio che l’università dovesse dare prima di tutto amplissimo spazio alla ricerca e che di conseguenza la sua intera organizzazione dovesse venire fondata sui dipartimenti, cui sarebbe spettata la cooptazione di nuovi ricercatori, mentre poi i corsi di laurea avrebbero dovuto avere una struttura lieve e flessibile per rispondere meglio alle mutevoli esigenze del mercato del lavoro, con insegnanti designati di volta in volta, secondo le esigenze, dai dipartimenti (più o meno nello spirito della cosiddetta
riforma Martinotti).
Che accadde poi? proprio quanto accade di consueto nella tradizione corporativa italiana, un colpo al cerchio e uno alla botte, che i dipartimenti divennero gli esclusivi assegnatari dei fondi dell’università – come se davvero ne fossero i pilastri – ma che poi i docenti continuarono a venire nominati nell’ambito delle facoltà: disguido clamoroso, che in verità non avrei mai sottolineato oggi scrivendovi (non mi pare beneducato recriminare il “ve l’avevo detto”) se Alberto Asor Rosa non avesse sollevato la questione in un recente articolo su la Repubblica.

5) Se per esempio vi fosse unanimità di vedute su questa diagnosi, allora l’ANDU potrebbe proporre non tanto che pedigree debba avere un ministro – faccenda che non gli compete perché i suoi professori non mi risulta abbiano particolare e specifica competenza della sfera politica – quanto che cosa debba fare, questo in qualche modo campo se non davvero di una competenza quanto almeno di una loro esperienza.

Che questo messaggio debba venire diffuso dall’ANDU lascio a voi di decidere.

Cordialmente, Marco Romano

*professore ordinario di Estetica della città all’Università di Genova

ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL MESSAGGIO DEL PROF. ROMANO

Preliminarmente ringrazio il prof. Romano per il suo contributo critico che stimola (certamente nell’ANDU) ulteriori riflessioni. L’intervento del prof. Romano è la riprova che le sorti dell’Università italiana interessano (e preoccupano) molti docenti, tra i quali è necessario un maggiore e più aperto confronto finalizzato al rilancio di questa Istituzione. Confronto che, a mio avviso, deve tradursi in un tempestivo impegno adeguato alla drammaticità dello stato in cui l’Università è stata ridotta e all’urgenza di un intervento normativo e finanziario.

1) L’ANDU, nel documento “Chi governerà l’Università?” (v. nota), ha espresso ‘solo’ la grande preoccupazione che nel nuovo Governo come Responsabile del settore universitario possa essere nominato un esponente di quella potente lobby accademico-confindustriale che ha programmato la definitiva demolizione dell’Università statale. I Responsabili ministeriali delle passate legislature si sono fatti guidare esclusivamente da questa lobby che si serve della ‘grande’ stampa per imporre la propria opinione. Alla luce di questa consolidata ‘prassi’ e di fronte alla necessità di una azione governativa svolta finalmente nell’interesse generale
dell’Università e del Paese, sarebbe altamente auspicabile che per il nuovo Governo, a differenza dei precedenti, sia scelto un Responsabile POLITICO, capace e autorevole, invece di un accademico interno alle logiche e agli interessi delle oligarchie che da sempre hanno ‘dettato legge’ sull’Università. Un Responsabile sinceramente interessato al dialogo con tutto il mondo universitario per realizzare riforme efficaci e condivise.

2) Tutti i Ministri “pro tempore” hanno operato al servizio dei poteri forti accademici e nessuno ha mai preso in considerazione le richieste provenienti dalla maggioranza del mondo universitario e le articolate proposte delle Organizzazioni unitarie della docenza e, in particolare, quelle dell’ANDU (quest’ultime sono riproposte in calce). Tali dettagliate proposte non hanno mai potuto “lievitare nella pubblica opinione” per il semplice fatto che, lo ripeto, alla pubblica opinione, dalla ‘grande’ stampa e dalle televisioni nazionali arrivano ESCLUSIVAMENTE le posizioni espresse dalla lobby accademica trasversale. Se la libertà dell’informazione italiana dovesse essere misurata secondo quanto avviene per l’Università, l’Italia dovrebbe essere collocata non al 79° posto, ma
all’ultimo. L’assenza del pluralismo nell’informazione sull’Università è un problema di democrazia ormai non più rinviabile e che tutti docenti dovrebbero decisamente affrontare, anche quelli finora impegnati nelle battaglie per la democrazia, ma solo all’esterno dell’Università.

3) Naturalmente nessun Ministro può operare da solo, ma deve necessariamente farsi ‘aiutare’ da collaboratori e da consulenti. Per il settore dell’Università i consulenti sono stati sempre scelti quasi esclusivamente tra gli esponenti di quella oligarchia accademica che ha sempre, di fatto o direttamente, gestito il Ministero e condizionato pesantemente il Parlamento.

4) Già nel 1983-1986 il CUN ha elaborato una articolata proposta di riorganizzazione degli Atenei che prevedeva come elementi portanti i Consigli di Laurea per la didattica e i Dipartimenti per la ricerca. In questi ultimi si sarebbero dovuti ‘incardinare’ i docenti, togliendo ai Consigli di Facoltà la ‘gestione’ dei posti (bandi, chiamate, trasferimenti) e assegnando loro compiti di coordinamento della didattica. Corollario di questa ipotesi era la costituzione di un Organo di Ateneo
SENZA la presenza dei Presidi. Quella proposta (cui ho dato un mio diretto
contributo) non ha avuto alcun esito perché metteva radicalmente in discussione il collaudato ‘mercato dei posti’, pilastro del sistema di potere accademico basato sulla cooptazione personale. Per impedire che l”incardinamento’ dei docenti nei Dipartimenti porti all’aumento del fenomeno della cooptazione personale (principale male distintivo dell’Università italiana) occorre rivedere i criteri di
formazione e le dimensioni dei Dipartimenti stessi e, prima ancora, riformare i meccanismi di reclutamento e di promozione dei docenti (anche su questo v. in calce le dettagliate proposte dell’ANDU). L’ANDU da sempre propone il superamento delle Facoltà come attualmente concepite e la composizione dei Senati Accademici senza la presenza dei Presidi e di qualsiasi altra rappresentanza non direttamente eletta. La composizione dei Senati Accademici prospettata da Alberto Asor Rosa, invece, prevede di aggiungere ai Presidi i ‘rappresentanti’ dell’attività di ricerca, accentuando così la natura oligarchica di quelli che dovrebbero finalmente diventare Organi di gestione nell’interesse generale degli Atenei.

5) Cosa dovrebbero fare il Governo e il Parlamento per il settore Universitario l’ANDU l’ha scritto ripetutamente negli ultimi decenni ed è ben noto a tutti i Responsabili politici e accademici (anche a quelli che spudoratamente sostengono che nessuna proposta esiste), oltre che ai circa 10.000 docenti, precari e studenti che ricevono puntualmente i nostri documenti. I documenti elaborati dall’ANDU negli ultimi 4 anni possono essere letti (o riletti) cliccando http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php.

4 maggio 2006

Nunzio Miraglia – coordinatore nazionale dell’ANDU

Nota. Per il testo del documento dell’ANDU “Chi governerà l’Università?”:
http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 03 maggio 2006 oppure
http://www.orizzontescuola.it/article10493.html

Sintesi delle PROPOSTE DELL’ANDU per una riforma della docenza e della governance.

DOCENZA
Stato giuridico nazionale dei docenti collocati in un ruolo unico, articolato in tre fasce con uguali mansioni. Ingresso nel ruolo docente per concorso nazionale (prevalentemente nella terza fascia) e passaggio di fascia per idoneità nazionale individuale (a numero aperto), con immediato e pieno riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della Facoltà dove il docente già lavora e
continuerà a lavorare. Per il passaggio di fascia è indispensabile prevedere uno specifico budget nazionale per i connessi incrementi stipendiali. Le commissioni, per i concorsi e per i passaggi, devono essere interamente sorteggiate e composte di soli ordinari. Distinzione tra tempo pieno e tempo definito con esclusione per i docenti a tempo definito dalle cariche accademiche e dalle commissioni concorsuali. Trasformazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia di professore, prevedendo la partecipazione di tutti ai Consigli di Facoltà e l’accesso ai fondi per la ricerca anche per i professori di terza fascia non confermati. Periodo pre-ruolo massimo di 3 anni in una unica figura con adeguata retribuzione, diritti (malattia, maternità, ferie, contributi pensionistici) e libertà di ricerca. Bando nei prossimi anni, su nuovi specifici e aggiuntivi fondi statali, di almeno 20.000 posti di terza fascia,

GOVERNANCE
Gli Atenei devono essere governati da strutture interamente elettive interne agli Atenei stessi e, in particolare, i Senati Accademici devono essere composti esclusivamente da rappresentanze paritetiche elette direttamente da ordinari, associati, ricercatori, tecnico-amministrativi e studenti (v. nota). I rappresentanti dei docenti devono essere espressi da poche aree (5-6) equivalenti, con elettorato attivo e passivo comune alle tre fasce. Devono essere riconosciuti specifici ruoli ai Collegi dei presidi, dei Direttori di Dipartimento e dei Presidenti dei Consigli di
Corso di Studio. La composizione e i compiti delle strutture degli Atenei devono essere normati dalla legge. Il Sistema nazionale delle Università deve essere rappresentato da un unico Organo di autogoverno composto da rappresentanti eletti direttamente dai docenti espressi da poche aree (5-6) equivalenti, con elettorato attivo e passivo comune alle tre fasce. Di questo organismo devono fare anche parte consistenti rappresentanze dei tecnico-amministrativi e degli studenti,
elette direttamente dalle rispettive categorie. Devono essere riconosciuti specifici ruoli alle Conferenze nazionali dei Rettori, dei Presidi e dei Direttori di Dipartimento.

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