DDL. CHI LO DIFENDE ANCORA?

1. CONCORSI NAZIONALI.
2. RECLUTAMENTO PRECARIO.
3. TERZA FASCIA.
4. CHI VUOLE ANCORA IL DDL MORATTI?

A difendere esplicitamente il DDL Moratti sullo stato giuridico è rimasto il sen. Giuseppe Valditara, responsabile università di AN. Egli continua a farlo stravolgendo la realtà e non arrendendosi ad essa. L’ultima uscita a difesa del DDL Valditara l’ha fatta intervenendo sul Riformista del 22 aprile 2005 (nota 1).

1. CONCORSI ‘NAZIONALI’. Nel suo intervento Valditara sostiene che il DDL
governativo risolverebbe il problema del localismo degli attuali concorsi, che egli imputa “alla presenza di un membro interno, che di fatto ha sempre condizionato l’esito dei concorsi”. In realtà, invece, il localismo è determinato dal fatto che la decisione ultima sui concorsi spetta alla Facoltà che li bandisce e ha il potere di non chiamare un idoneo diverso da quello locale per cui ha ‘costruito’ il concorso. Nessuna commissione locale (con o senza il membro interno) e nessuna commissione nazionale può promuovere effettivamente (assunzione in servizio) un candidato contro la volontà della Facoltà. Il concorso ‘nazionale’ previsto dal DDL governativo rimarrebbe ‘perfettamente’ locale come l’attuale perché anche per esso è previsto che a decidere, alla fine, continuerà ad essere la Facoltà. L’unico non esaltante risultato del ‘nuovo’ concorso ‘nazionale’ sarebbe quello di attribuire un qualche potere di veto ai gruppi nazionali dominanti nei vari settori. In sostanza, si tratta di una falsa contrapposizione tra concorsi locali e concorsi ‘nazionali’, quando il vero problema è che si continua a spacciare per concorsi (reclutamento di chi non è già un docente di ruolo) quelli che in realtà sono giudizi per
l’avanzamento nella carriera docente. Riproponiamo ancora una volta (nota 2) quella che sempre più riteniamo essere l’unica soluzione, precisa e concreta, per superare la cooptazione personale e il ‘mercato dei finti concorsi’, sottraendo il risultato delle prove al controllo dei gruppi accademici dominanti.

2. RECLUTAMENTO PRECARIO. Valditara si esprime a favore “del cosiddetto
(perché “cosiddetto”?, ndr) ricercatore a contratto”, che scoraggerebbe “forme di stabilizzazione e di irremovibilità”. Il fatto è che già oggi esistono, in varie forme, oltre 50.000 precari, privi di autonomia didattica e scientifica e in una condizione di incertezza insostenibile. Chi vuole sostituire gli attuali oltre 21.000 ricercatori in ruolo (messi a esaurimento) con ‘nuove’ figure a contratto vuole di fatto ampliare a
dismisura il numero di docenti precari e soprattutto allungare notevolmente
l’attuale periodo di precariato. In altri termini, si vuole peggiorare una
situazione già gravissima, unica al mondo. Infatti, in tutti i Paesi avanzati è noto che solo la stabilità e la piena responsabilità nella ricerca e nell’insegnamento consente ai giovani (a circa 30 anni) docenti di produrre al meglio nella ricerca e nella didattica. Questa ‘norma’ di elementare buon senso è ora indicata anche a livello europeo, mentre è disconosciuta da chi scimmiotta altre situazioni dove, come negli USA, in realtà i giovani docenti dispongono di piena autonomia nella ricerca (con diretta disponibilità di fondi) e nell’insegnamento e la loro permanenza
nell’Università è decisa sulla base di una valutazione individuale (non
comparativa) e su fondi ‘preventivati’ fin dall’inizio della carriera. Per eliminare l’attuale reclutamento precario le Organizzazioni unitarie della docenza hanno da anni avanzato una precisa e concreta soluzione (nota 3).

3. TERZA FASCIA. Valditara dedica quasi metà del suo intervento alla sua
principale preoccupazione, cioè a quello che per lui è il “nodo più delicato dell’attuale dibattito politico: la cosiddetta (perché “cosiddetta”?, ndr) terza fascia. Bene fa la riforma (il DDL, ndr) a non accedere alle richieste di istituire un terzo ruolo docente”. Con la sua istituzione si bloccherebbe “per molti anni l’accesso dei giovani validi alla fascia di professore.” Valditara, inoltre, teme che gli attuali ricercatori, “nell’ipotesi di una trasformazione del ricercatore in professore di terza fascia”, non conserverebbero “l’obbligo della didattica integrativa rispetto ai corsi
attivati”. La realtà, ancora una volta, è un’altra. Non è infatti vero che il DDL
Moratti non istituisce la terza fascia, è vero invece che esso CANCELLA l’attuale terza fascia, costituita dagli attuali ricercatori. E che il ruolo dei ricercatori è un ruolo docente lo dice già oggi la legislazione in vigore, come risulta dalle leggi successive alla sua istituzione nel 1980 (v. quadro normativo nella nota 4). Ma lo dice anche il fatto che sono i ricercatori a svolgere oltre il 30% dei “corsi attivati”, “contribuendo alla didattica in modo decisivo” come riconosce Giovanni Pallottino
sull’Indipendente del 26 aprile 2005 (nota 5). L’accademia che conta, mettendo ad esaurimento gli attuali ricercatori, in realtà vuole porre rimedio ad una situazione che le è sfuggita di mano, ripristinando un primo livello di docenza totalmente subalterna e precaria. Che il riconoscimento della terza fascia agli attuali ricercatori bloccherebbe “per molti anni l’accesso dei giovani validi alla fascia di
professore”, è una bufala accademica. Ma come fanno Valditara e qualche
altro a sostenere che se gli attuali ricercatori continuano a chiamarsi “ricercatori” non bloccano, mentre se sono chiamati “professori” bloccano l’accesso dei giovani?! Un’affermazione priva di alcun senso logico. Per quanto riguarda le mansioni, va chiarito che la richiesta di trasformare il ruolo dei ricercatori in terza fascia dei professori implica il mantenimento delle attuali mansioni, comprese quelle integrative (che per legge possono essere attribuite anche ai professori) e compreso il consenso e non l’obbligo allo svolgimento di corsi. Mantenendo le mansioni, va mantenuta l’attuale retribuzione. Se invece per i professori di terza
fascia dovessero essere aumentati gli obblighi didattici, si dovrebbe anche
prevedere per essi un aumento della retribuzione e per gli attuali ricercatori la possibilità di passare nella terza fascia a domanda. In realtà Valditara, professore ordinario della Facoltà di Giurisprudenza di Torino, si oppone alla trasformazione del ruolo dei ricercatori in terza fascia per due motivi: la partecipazione di tutti ai Consigli di Facoltà e il titolo di “professore” che essi assumerebbero. La partecipazione di tutti i ricercatori ai Consigli di Facoltà è oggi prevista nella maggioranza degli Atenei, ma non, in particolare, nelle Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, Roma 1 e Torino (e, per conseguenza, anche nelle altre Facoltà di questi Atenei). In queste stesse Facoltà giuridiche risulta particolarmente non gradita la ‘diffusione’ del titolo di professore, specie a Giurisprudenza di Roma 1 dove vi sono, per circa 13.000 studenti, 80 professori ordinari (reclutati senza concorso, cioè per trasferimento), 0 (zero) professori associati, 121 ricercatori (tutti senza supplenza). A proposito, che succederebbe se TUTTE le Facoltà italiane seguissero quest’esempio di reclutamento ‘eccellente’ non bandendo alcun posto di professore?

4. CHI VUOLE IL DDL MORATTI? L’approvazione del DDL Moratti: – non è richiesta dai Collegi dei Presidi, dai Senati Accademici, dai Consigli di facoltà e di Dipartimento, dalle Assemblee di Docenti e di Studenti, dalla stragrande maggioranza delle Organizzazioni della docenza, che ne chiedono il ritiro;
– non è richiesta dalla CRUI che ora chiede una terza fascia non ad esaurimento, cioè l’opposto di quello che prevede il DDL;
– non è richiesta dai circa 8.000 sottoscrittori dell’Appello promosso da docenti precari che ne chiedono il ritiro;
– non è richiesta dai circa 1.500 sottoscrittori dell’Appello promosso da professori dell’Ulivo che contestano l’iniziativa del Ministro;
– non è richiesta nemmeno dai circa 700 sottoscrittori dell’Appello promosso dalla Fondazione Magna Carta. Infatti, in quest’Appello si dice solo no a chi direbbe solo dei no (movimento, Organizzazioni, CRUI).

Nell’Appello c’è scritto: “penseremo più tardi a scrivere programmi e documenti dettagliati, come si conviene.” Tra i sottoscrittori dell’Appello vi sono anche diversi componenti della Commissione ministeriale che ha elaborato i contenuti del DDL;
– non è richiesta dalla Fondazione TreeLLLe che si occupa ‘solo’ di governance;
– non la vuole l’on. Angela Napoli di AN, unico deputato della Maggioranza che nella Commissione Cultura interviene sulle questioni universitarie. La Napoli recentemente, rispetto al DDL, ha ribadito il “giudizio di inadeguatezza sul suo impianto generale”, ritenendo “che non possa essere oggetto di un valido lavoro emendativo, stante l’intrinseca disorganicità e confusione in esso presenti”;
– non la vuole più, di fatto (ma forse non se né ancora reso pienamente conto), lo stesso Relatore di Maggioranza che ha riconosciuto “che nel corso delle audizioni informali è stata unanimemente sottolineata l’opportunità di introdurre l’istituzione in via permanente e ordinaria di un terzo livello della docenza universitaria”, cioè l’opposto di quanto previsto dal DDL governativo.

26 aprile 2005

Nota 1. Per il testo dell’intervento di Giuseppe Valditara “Perché difendo la riforma del ministro Moratti” sul Riformista del 22.4.05, pag. 6:

http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2005/04/33240258.pdf

Nota 2. L’ANDU, assieme alle Organizzazioni unitarie della docenza, chiede da anni di distinguere nettamente tra il reclutamento e l’avanzamento di carriera. In particolare l’ANDU ritiene che il reclutamento debba avvenire, attraverso concorsi nazionali (prevalentemente nella terza fascia), mentre l’avanzamento di carriera deve avvenire attraverso giudizi nazionali individuali, con pieno e immediato riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della Facoltà dove il docente continua a lavorare. Per gli avanzamenti deve essere previsto uno specifico budget nazionale per i connessi incrementi stipendiali. È indispensabile che a tutti i livelli le commissioni giudicatrici nazionali siano composte solo
da professori ordinari sorteggiati.

Nota 3. Le Organizzazioni unitarie della docenza ritengono che il periodo di precariato, dopo il dottorato, debba essere di non più di tre anni e debba prevedere un’unica figura, rapportando il numero di contratti agli sbocchi in ruolo. Esse chiedono inoltre il bando nei prossimi anni (con uno specifico finanziamento statale aggiuntivo) di almeno 20.000 nuovi posti in ruolo nella terza fascia per i giovani docenti, per dare uno sbocco concreto agli attuali oltre 50.000 precari e per ‘prevenire’ il prossimo pensionamento di oltre metà degli attuali professori e ricercatori. In particolare l’ANDU ritiene che nella fascia iniziale del ruolo dei
professori debba essere previsto fin dall’inizio l’accesso ai fondi per la ricerca.

Nota 4. QUADRO LEGISLATIVO successivo al DPR 382 del 1980:
a. legge 158/1987, che aggancia la retribuzione dei ricercatori a quella di ordinari e associati e consente ai ricercatori confermati di optare per il tempo definito;
b. art. 16, comma 2 della legge 168/89, che prevede la paritetica rappresentanza di ordinari, associati e ricercatori nel Senato Accademico Integrato, organo deliberante dello Statuto dell’Ateneo;
c. art. 12 della legge 341/1990, che equipara le modalita’ di svolgimento delle funzioni didattiche dei ricercatori a quelle vigenti per ordinari e associati (supplenze, relazione di tesi, commissioni d’esame);
d. art. 15 della legge 341/1990, che unifica le modalita’ di inquadramento e di attribuzione dei compiti didattici di ordinari, associati e ricercatori;
e. artt. 104 e 106 della 127/97, che prevedono la paritetica rappresentanza di ordinari, associati e ricercatori nel Consiglio Universitario Nazionale (CUN). Precedentemente del CUN facevano parte 21 ordinari, 21 associati e solo 4 ricercatori;
f. art. 1, comma 1, lettera b), punto 1), della legge 210/98, che prevede che le commissioni per i concorsi a ricercatore siano costituite da un ordinario, un associato e un ricercatore, introducendo per la prima volta la presenza dei ricercatori in queste commissioni;
g. legge 4/1999, che estende le mansioni didattiche dei ricercatori confermati ai ricercatori non confermati, cosi’ come gia’ previsto per ordinari e associati. La stessa legge abolisce la precedenza di ordinari e associati rispetto ai ricercatori nell’assegnazione delle supplenze.

dal documento sui “Requisiti minimi” del Comitato nazionale per la valutazione del dicembre 2001: “per la valutazione della docenza disponibile sono considerati indistintamente i professori di prima e seconda fascia e i ricercatori nei ruoli delle facoltà e/o delle facoltà convenzionate”.

Nota 5. Per il testo dell’intervento di Giovanni Pallottino
“L’inadeguatezza della riforma. Università: ancora errori” sull’Indipendente del 26.4.05, pag. 2:

http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2005/04/33327957.pdf

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