CONCORSI NAZIONALI PER I POTERI FORTI NAZIONALI?

Condividiamo la dura critica agli attuali meccanismi concorsuali espressa
nella lettera di alcuni docenti universitari comparsa il 14.9.04 sul Corriere della Sera (“L’università soffre una crisi di credibilità”, per il testo v. nota 1). Condividiamo anche le ‘spiegazioni aggiuntive’ date da due firmatari della lettera (“Concorsi, il malcostume discredita gli atenei”, per il testo v. nota 2). 

Ciò che non condividiamo è la soluzione prospettata. I firmatari sostengono infatti che “vanno RIPRISTINATI i concorsi nazionali” con i quali si ripristinerebbe “l’assoluta priorità dei criteri di valutazione obiettiva dei meriti scientifici e didattici”. In realtà con il ripristino dei concorsi nazionali preesistenti agli attuali “meccanismi locali e fortemente settorializzati di selezione del corpo docente, controllabili da ristrette corporazioni”, come giustamente denunciano i firmatari, si ripristinerebbero meccanismi controllati da ristrette corporazioni nazionali.

Nella lettera manca qualsiasi accenno ai concorsi di ingresso nella docenza, cioè ai concorsi per ricercatore, primo gradino della docenza universitaria. Questi concorsi non sono stati mai nazionali. Ed è questo il punto: l’accademia italiana, sia quella che ha voluto i concorsi locali sia quella che rivuole i concorsi nazionali, non ha mai messo in discussione il potere di cooptazione PERSONALE, potere che differenzia il meccanismo di reclutamento italiano da quelli di tutti gli altri Paesi.

In Italia il futuro docente è coltivato da un ‘maestro’ fin dalla tesi di laurea, poi viene ‘sistemato’ in varie situazioni precarie, quindi viene immesso in ruolo con un concorso rigorosamente locale e totalmente controllato dal ‘maestro’. Fino a questo punto l’aspirante docente dipende scientificamente e umanamente dal suo ‘maestro’ ed è privato di ogni autonomia scientifica e didattica. Tale dipendenza continua anche nell’avanzamento della carriera, perché dal ‘maestro’ dipenderà il bando e il superamento dei concorsi ad associato e ad ordinario. I firmatari della lettera, nella sostanza, non chiedono di smantellare questo meccanismo di finti concorsi, che sono alla base anche di quegli “episodi di malcostume come quelli recentemente venuti alla pubblica attenzione”, episodi che essi ritengono frutto degli attuali concorsi locali, ma che in realtà si sono verificati anche quando i concorsi erano nazionali.  Per “ritrovare un forte slancio nell’etica della vita universitaria”, come auspicato nella lettera, occorre sostituire gli attuali concorsi locali non con quelli nazionali precedenti, ma con nuovi meccanismi che differenzino nettamente il reclutamento nella docenza (attraverso concorsi nazionali) dall’avanzamento nella carriera (attraverso valutazioni nazionali), meccanismi che debbono ridurre al minimo la possibilità di cooptazione personale. Per ottenere questo è necessario che l’ingresso nella docenza (cioè l’ingresso di coloro che non sono ancora in ruolo) avvenga attraverso concorsi nazionali con commissioni composte da soli ordinari tutti sorteggiati. La progressione di carriera deve avvenire attraverso una valutazione individuale (non una prova comparativa) da parte di commissioni azionali composte da soli ordinari tutti sorteggiati. Alla valutazione positiva per il passaggio nella fascia superiore deve corrispondere l’immediato riconoscimento della nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata da parte della Facoltà dove il candidato sta già svolgendo la sua attività di docente. Solo con l’introduzione di un vero concorso nazionale per il reclutamento nella docenza (che non è l’avanzamento nella carriera!), svincolato dalla volontà del ‘maestro’, ma anche dai poteri dominanti nazionalmente nel settore (per questo i commissari devono essere tutti sorteggiati), si può tagliare alla radice il male della docenza italiana. E solo con l’idoneità nazionale, sganciata sia dai gruppi di potere locali sia da quelli nazionali (per questo i commissari devono essere tutti sorteggiati), si può far diventare serena e qualificata la progressione di carriera, la cui gestione oggi costituisce l’attività accademica non secondaria dei ‘maestri’ (bando del posto, composizione della commissione, ‘gestione’ del concorso).

14 settembre 2004

p.s. La lettera si conclude con la richiesta “al governo di farsi promotore con urgenza di una iniziativa legislativa per la modifica della vigente disciplina dei concorsi universitari”. Tenuto conto che il DDL sullo stato giuridico dei docenti, approvato con il ‘golpe di luglio’ dalla Commissione Cultura della Camera, contiene anche una ‘nuova’ “disciplina dei concorsi universitari” (che mantenendo la chiamata della Facoltà ne mantiene integralmente l’attuale carattere localistico), si dovrebbe dedurre che ai firmatari o non piace il DDL nel suo complesso o non piace quello che esso prevede per i concorsi o che, infine, essi prevedono che il DDL non sarà approvato o non sarà approvato presto.

Nota 1. Per il testo della lettera:
http://www.unipi.it/rassegna/archivio/2004/09/27567136.pdf

Nota 2. Per il testo dell’articolo:
http://www.unipi.it/rassegna/archivio/2004/09/2756724

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