MARTINOTTI SU RETTORI E FACOLTÀ

Diffondiamo, con il consenso dell’Autore, un commento (riportato in calce) del prof. Guido Martinotti al documento dell’ANDU “Rettori eccellenti” (nota 1).

Siamo d’accordo con Martinotti sul fatto che il problema della gestione
degli Atenei non sta nel numero dei mandati del Rettore. Siamo infatti
convinti che il problema sta nella natura, nella distribuzione e nell’equilibrio dei poteri in cui la figura del Rettore è “collocata”. E gli Statuti degli Atenei hanno limitato il numero dei mandati del Rettore proprio tenendo conto, più o meno esplicitamente, dell’attuale articolazione dei poteri negli Atenei, con la preoccupazione di evitare che nella figura del Rettore si accentrino e consolidino poteri eccessivi (il bossismo). E Martinotti ha ancora ragione quando sostiene che “il male” nel governo attuale degli Atenei sta nella Facoltà, un organismo obsoleto che sopravvive solo perché ancora gestisce il “mercato dei posti”, cioè il reclutamento e l’avanzamento da una fascia all’altra dei docenti. Ed è soprattutto questo potere che i Presidi tutelano nei Senati Accademici, rispettando gli “interessi” delle altre Facoltà per difendere quelli della propria. Questo porta alla NON gestione degli Atenei e lascia al Rettore ampio margine di decisione su quanto non è direttamente legato al bando di posti di ruolo per la docenza (docenti precari, personale tecnico-amministrativo, edilizia, attrezzature, finanziamenti, ecc.).

L’ANDU propone da anni:
1. un meccanismo di avanzamento nella carriera docente attraverso valutazioni individuali da parte di commissioni nazionali, con tutti i componenti sorteggiati; cioè giudizi non comparativi che, se positivi, devono portare alla “trasformazione” del posto già occupato dall’interessato, al quale va riconosciuta immediatamente e operativamente la nuova qualifica, senza l’ulteriore chiamata della facoltà in cui già lavora;
2. un meccanismo di reclutamento dall’esterno (essenzialmente nella terza fascia, ma anche direttamente nelle altre due fasce) attraverso concorsi svolti da commissioni nazionali, con tutti i componenti sorteggiati.

Con queste due “semplici” riforme, da un lato, cesserebbe la finzione di concorsi che in realtà sono promozioni e il cui “mercato” (budget, bando, chiamata) ha la funzione di tenere i docenti in una situazione di subalternità scientifica e umana, e, dall’altro lato, si attenuerebbe la cooptazione personale che oggi si pratica attraverso i finti concorsi a ricercatore. Con queste riforme, inoltre, si toglierebbe alle Facoltà “la materia prima” del loro reale potere attuale: il controllo “personalizzato” del reclutamento e delle promozioni. In tal modo i Consigli di Facoltà diventerebbero finalmente sede del coordinamento didattico dei Corsi laurea.

In ogni caso, i Senati Accademici diventerebbero finalmente organismi di gestione degli interessi generali degli Atenei se non ne facessero più parte i Presidi. Questo è quanto richiede anche l’Associazione TreeLLLe, con motivazioni giuste e logiche, che essa però dimentica quando sostiene che deve essere la CRUI a rappresentare il sistema nazionale delle Università (nota 2).

In questa nuova articolazione dei poteri negli Atenei, diventerebbe allora marginale la questione della durata e del numero dei mandati del Rettore, che si potrebbe anche non limitarli se dovesse prevalere la convinzione di non “sprecare le competenze” acquisite.

13 maggio 2004

MESSAGGIO DI GUIDO MARTINOTTI ALL’ANDU

Cari Andu, personalmente non credo che il problema cruciale sia quello dei rettori. La mia impressione basata su una esperienza di un paio di mandati è che il sistema di governo di un ateneo è diventato così complesso che richiede un lungo learning process che prende almeno un mandato. E’ un peccato sprecare questa competenza per un solo mandato. Quindi almeno tre io li ammetterei.
Il problema non è la lunghezza del mandato ma il sistema di checks and balances che impediscano al bossismo di affermarsi. Questo sistema non c’è e la causa principale sono le Facoltà. E’ la Facoltà, paradossalmente il luogo meno democratico dell’Ateneo. Il ministro Zecchino reintroducendo le facoltà nell’ultima notte prima di licenziare la riforma ha messo una mina sotto la linea di galleggiamento.
Guido Martinotti

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Nota 1. Il testo del documento dell’ANDU “Rettori eccellenti” in
http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 11 maggio 2004

Nota 2 Da un lato, la TreeLLLe scrive che “la scelta di non avere nel Senato Accademico rappresentanze elettive indirette (come i presidi di facoltà o i direttori di dipartimento) nasce dall’esigenza di evitare situazioni di governo consociativo, in cui il senatore-preside potrebbe sentirsi più espressione (e difensore) della facoltà che presiede che componente di un organo di governo dell’ateneo, col risultato di tendere ad impostare la sua azione più come ricerca di un sostanziale equilibrio tra le facoltà che come responsabile della politica complessiva dell’ateneo.”
Dall’altro lato, la critica alle “rappresentanze elettive indirette”, la TreeLLLe incredibilmente la dimentica quando vuole assegnare ad un organismo (la CRUI) somma di “rappresentanti elettivi indiretti” (i Rettori) la rappresentanza del sistema universitario; V. il documento dell’ANDU “La CRUI, naturalmente!” in http://www.bur.it/sezioni/sez_andu.php 12 marzo 2004

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